martedì 26 novembre 2019

LO STADIO DELLE WOMEN'S; IL GINO BOZZI, ANZI IL DUE STRADE





La particolarità di molti posti in Toscana è che sono conosciuti, tra la gente, con nomi del tutto diversi da quello ufficiale. Provate ad esempio ad andare a Pistoia a chiedere dov’è pur centralissima Piazza San Francesco. Sarete rimbalzati in giro per la città fino a quando non troverete, bontà vostra, un passante pietoso che vi deluciderà, perché per tutti i pistoiesi piazza San Francesco  è piazza Mazzini, è sempre stato così e sempre sarà.
E come per lo stadio, appena ho scollinato da via delle Campora ho chiesto a un ometto dove fosse il Bozzi, lui mi ha guardato strano, poi ha detto “Ma il du’strade?” perché un Toscano che è toscano la “e” finale di due non la pronuncerà mai, cosi come per noi il numero duecento è dugento, punto e basta.



Comunque bene o male ci arrivo, e questo stadio alla fine si chiama Gino Bozzi (ufficiosamente fin dal dopoguerra ma ufficialmente solo dal 2016 ), con tanto di insegna. Si trova nel quartiere 3, in via Stefano Borgonovo, un altro che a Firenze ricordiamo col cuore stretto, e il signor Gino Bozzi, ci informa una targa, era un partigiano, una delle tante vite spezzate da quella strega imbecille chiamata guerra.
E’ fine giugno, una giornata di quelle in cui veramente ti viene voglia di credere che il sole non tramonti mai, e subito parte in testa De Gregori, “sole sul tetto dei palazzi in costruzione, sole che batte sul campo di pallone…”. Lo stadio ovviamente è chiuso, anzi no, ci sono dei giardinieri a sistemare la siepe, dal parcheggio si vede qualcosa, uno spicchio di campo e di tribuna, i miei primi contatti con lo stadio delle nostre ragazze, che poi è anche quello della primavera maschile (quella femminile invece gioca al San Marcellino,  purtroppo per me dall’altra parte della città) e della squadra di eccellenza del Porta Romana, forse troppi piedi anche per un campo di erba sintetica.
Devo dirlo, non sarà la perfezione (una sola tribuna coperta, forse troppo poco) ma a me il Bozzi piace. Prima di tutto è veramente a Firenze, in una bellissima zona tra il Poggio imperiale e il Galluzzo, facilmente raggiungibile dal centro, non come il Milan che fa giocare le ragazze a Monza, o come la Juventus che gioca a Vinovo e le sue partite più importanti addirittura ad Alessandria e Vercelli, cosa che sinceramente non mi so spiegare. No, chi viene a vedere  la Fiorentina se la gusta all’ombra del campanile di Giotto, niente paura.
In questo stadio, però, da quella giornata di fine giugno sono riuscito a tornare ed entrare solo a inizio novembre, una giornata cupa perfetto contraltare di quella che ho appena raccontato, perché le prime due in casa della viola le ho saltate, per malattia e problematiche varie; ma la gara col Milan, roba per cuori forti e con Commisso e figlio in tribuna, è stato un battesimo degno. E avevo ragione, per qualche misterioso motivo, al Bozzi l’atmosfera è magica, è veramente un sentirsi a casa.
C’era gente, ma poteva essercene ancora di più. Un pubblico variegato, sia uomini che donne, ma pochi giovani e pochissimi bambini, a parte una, dolcissima, con il pallone ufficiale ACF Fiorentina che rincorreva, educata ma implacabile, le calciatrici con un pennarello indelebile per farselo griffare. Queste sono le immagini che vorremmo vedere sempre al Bozzi, perché credetemi, i bambini e le bambine ce li potete portare, è un ambiente caldo, sicuro, protetto, i cori sono simpatici, se scappa qualche parola colorita non lo sarà certo di più di tante che sentono a scuola o in casa. Può darsi che  in qualche scontro di vertice con rivali storiche a qualche spettatore un po’ di nervi possano scappare ( e con questo non giustifico, io con gli esaltati sono tollerante zero) ma non ci sono, e spero non ci saranno mai, le dinamiche potenzialmente  pericolose del calcio maschile. Il calcio femminile è una realtà in grande fermento, ha bisogno di noi tifosi che paghiamo il biglietto e sosteniamo il movimento, ma ancora di più ha bisogno di bambini che imparino il tifo pulito, e di bambine che si innamorino di Alia, di Ilaria, di Tatiana, di Greta, di Stephanie, di Paloma, di Frederikke e tante altre calciatrici formidabili che possono prendere a modello per quando cominceranno a tirare i primi calci al pallone. E perché no, lasciate che si innamorino anche di qualche avversaria, portatele a vedere la Giacinti, la Bonansea, la Bartoli, la Cernoia, la Marinelli e altri dei nostri talenti più puri.
Dopo la partita, io e un tifoso milanista con tanto di sciarpa rossonera abbiamo aspettato insieme le ragazze, ci siamo scambiati i telefoni per scattarci selfie a vicenda con giocatrici di entrambe le squadre, e poi ci siamo salutati con una bella stretta di mano dandoci appuntamento a Milano, anzi Monza. Vedete, si può fare.

2 commenti:

  1. Quello stadio trasuda di storia. Casa della Rondinella fin dal lontano 1979, a cui ho assistito, aveva subito una profonda ristrutturazione. Lo stadio esisteva gia dagli anni 20 e fino al 1945 si chiamava stadio del Littorio. Poi con la liberazione ha assunto la denominazione di stadio Gino BOZZI.

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