Prima di dedicarmi a un blog di calcio femminile ne curavo uno sulla letteratura poliziesca, un'esperienza bella ma che considero felicemente conclusa. Ma mi mancava tanto recensire un libro di narrativa, e per fortuna seguendo il mondo del calcio femminile ci si imbatte in donne intelligenti che sanno stupirci piacevolmente anche in altri ambiti, e proprio la nostra Stephanie Orhstrom, portiere della Fiorentina women's e scrittrice, mi ha dato di nuovo la possibilità di parlare di libri.
Copertina di Federica Bonatesta (fonte; Amazon)
Per la precisione il suo è un romanzo breve che va a iscriversi a un preciso genere, quello dei libri per l'infanzia. Ma siamo sicuri poi che esista, un "genere" di libri per i bambini? o siamo noi lettori pigri che non abbiamo la voglia di dare a questi libri la collocazione che veramente meritano? questo "Elisa e Bella Francavilla" è infatti un romanzo di formazione, o "Bildungsroman" se proprio si vuole fare quelli bravi.
A cosa posso paragonare il libro di Stephanie? forse a quelli che qualche insegnante che più ci aveva a cuore sceglieva con criterio, cercando per noi un buon amico per l'estate. I libri azzurri della Salani, per esempio, quelli che preferivo in assoluto, oppure i Loescher rossi e verdi, o ancora gli scolastici Mondadori, non dei classici ma libri piacevoli scritti con perizia da insegnanti o autori specializzati, passati dalle mani di ogni giovane studente. Ecco, Elisa e Bella Francavilla potrebbe essere uno di questi libri estivi da associare alle lunghe giornate senza pensieri e alla canicola, letture che si rivelino piacevoli, siano esse imposte o meno.
Che poi io me lo ricordo le mie estati in un paesino al limite della campagna, quel Tango sempre a rischio foratura era il solo gioco che unisse maschietti e femminucce, e c'era una ragazzina che non si lamentava mai quando si decideva di giocare a calcio, che pur di misurarsi con noi accettava persino il cruentissimo "Porte piccole" uno spazio ristretto con due sedie alle estremità che fungono da porte e quasi nessuna regola, prendeva spallate e sgambetti e quando si sbucciava il ginocchio o finiva a terra sulle prime cercava di impietosirci, ma visto che non otteneva un bel niente (I bambini col pallone tra i piedi sono spietati) ricominciava a giocare a testa bassa restituendo quello che prendeva, fino a che sua madre non la chiamava in casa, con lei che caracollava guardandoci male ma al tempo stesso dispiaciuta di doversene andare. Non ricordo come si chiamasse, forse Ilaria, forse Sara, ma questo libro sarebbe piaciuto molto anche a lei.
Come tanti dei migliori romanzi di formazione, Elisa e Bella Francavilla non ha elementi fantastici, per avvincere non ha bisogno di gnomi, troll e incantesimi, basta una famiglia come tante in un paese qualunque, ovvero Francavilla, ispirato a Villafranca di Verona (ma nel libro si suppone invece che ci troviamo vicino Roma, a giudicare dalla fede giallorossa del padre di Elisa) in un'epoca che potrebbe essere questa come la generazione mia e di Stephanie, visto che tra me e la portierona ci corrono solo 4 anni (Ed è lei è quella che ne ha meno, per fortuna sua e della Fiorentina women's).
Elisa vive coi genitori, il nonno Gianni, una sorella appena più grande che non ama il calcio e il cane Boo, un Buhund norvegese ( Razza che conosco e mi piace molto ma che non sapevo come si chiamasse...vedete che si può imparare anche da un libro rivolto all'infanzia?) e ha in lei il più indispensabile ingrediente di un romanzo di formazione; un grande sogno da inseguire.
Il tenero Buhund norvegese, dall'aria intelligente e dalla coda arricciata.
Elisa vuole giocare a calcio. Non diventare calciatrice, quello è il sogno dopo, nei suoi 10 anni le basterebbe solo tirare due calci a un pallone senza che il padre non la rimproveri, che la mamma non la sgridi, che la sorella non la guardi con commiserazione. La situazione in casa si fa tesa, ma per fortuna interviene la figura magica, forse la più bella di ogni romanzo per bambini, da Geppetto fino al nonno di Heidi; il vecchio saggio, quello che nel pieno autunno si lascia incantare dalla primavera che sboccia, e arriva dove i genitori, non per cattiveria ma per una naturale concessione al conformismo protettivo, non possono e non vogliono vedere. Nonno Gianni non parla e non giudica, semplicemente la porta con se in garage e le trova un paio di scarpe da calcio malconce e incrostate di terra che appartenevano al padre di Elisa quando era ancora più piccolo di lei, e in una frase bellissima dice alla nipotina che le osserva con aria dubbiosa, non capendo ancora quello che significheranno per lei "Ehi, non guardarle male; sono vecchie, si ma se le laviamo e ci mettiamo un po' di grasso saranno come nuove"
Ed Elisa, coi suoi piedini nelle stesse scarpe del padre bambino, si affaccia alla vita da calciatrice. E poi, con la fortuna dell'età verde, incontra un'altra figura importante, l'amica del cuore, qui una nuova compagna di classe di nome Sofia, che l'amore per il calcio lo ha già imparato da suo padre Mattia, che vorrebbe fondare nel paese dove si sono appena trasferiti una squadra di calcio formata da bambine dell'età di Elisa e Sofia.
Non sarà facile convincere i genitori, Mattia e la moglie si recheranno a conoscere le famiglie delle aspiranti calciatrici cominciando proprio da quella di Elisa, e con diplomazia infinita ne otterranno dei si a denti stretti.
Si forma un primo gruppetto di bambine e ragazzine, gli allenamenti si fanno a tarda sera perchè non ci sono campetti liberi nella zona, le piccole calciatrici e le loro famiglie fanno tanti piccoli sacrifici per dare un senso alla loro passione. Le ragazze crescono di numero tanto da poter formare una squadra, che chiameranno "Bella Francavilla" un nome accattivante che rimane in mente. Negli allenamenti e giocando con Sofia Elisa capisce che il suo ruolo è quello di portiere, si sente a suo agio tra i pali, e anche se qualche tiro lo para con il nasino il dolore passa ma la passione no.
Un giorno Mattia arriva con una grande notizia; una squadra Tedesca di pari età che sta facendo una tourneè in giro per l'Italia accetta di incontrarle in una sfida amichevole. Per le ragazze è una gioia incontenibile, la loro prima partita vera, anche se contro una squadra più forte.
Arriva il gran giorno, Sofia dorme da Elisa, le bambine alle otto del mattino sono già in piedi, impazienti di mettersi in gioco. In un altro bel passaggio, che per me è stato un vero e proprio amarcord, Elisa prima di entrare in campo respira l'odore dell'erba tagliata, e pensa che non ci sia un profumo migliore al mondo. Confermo, perchè è la cosa che più mi manca delle ormai lontane partite domenicali, la sensazione proustiana più vivida legata a questo sport che Stephanie ha saputo cogliere meravigliosamente.
Senza voler rovinare il piacere della lettura, dico solo che questa partita sarà una bella lezione di vita, succederanno tante cose che le ragazze non dimenticheranno mai, e al triplice fischio tutte loro saranno più convinte e motivate nella loro grande passione. Qui il breve romanzo ha fine, ma è giusto così, un ragazzino ne sarà appagato perchè elettrizzato dagli eventi, ma anche per un adulto ci sono spunti di riflessione, talvolta un poco malinconici; Elisa diventerà poi una calciatrice o gli eventi della vita la indirizzeranno verso altre scelte? la sua amicizia con Sofia resisterà intatta negli anni, faranno un percorso insieme fino alle prime squadre? sono cose difficili ma non impossibili, leggasi la storia di Cecilia Prugna e Lucia di Guglielmo. E soprattutto, la passione per questo sport resterà intatta, non verrà sporcata da interessi, faccendieri, società che si comportano in modo meschino? si spera solo di si, che questa bambina diventi ragazza e poi donna di calcio e viva per la sua passione, che magari qualcuno le regali il professionismo, la sicurezza, che poi è questo il vero motivo dei dubbi di genitori e famiglie, ci sarà del conformismo ma anche tanta paura per il precario futuro che attualmente attende ogni ragazza che vuole dedicare la vita al calcio.
Noi tifiamo per Elisa e tutte le piccole elise sparse per l'Italia e per il mondo, e personalmente "tifo" anche per un altro libro di Stephanie Ohrstrom; in fondo la Svezia ha una grande tradizione di scrittrici per l'infanzia.
Stephanie and il vostro blogger.
Regalatelo senza paura alle vostre figlie, e anche ai vostri figli, perchè capiscano e non emarginino una bambina che chiede di giocare con loro. Regalate loro un orizzonte nuovo da scoprire, la poesia di un campetto in estate, il sudore che cola nelle magliette e si fonde con la polvere, il piacere di un bel gelato o di una bibita dopo aver sputato l'anima dietro a un pallone, una bottiglia d' acqua scaldata dal sole e condivisa da tutti alla faccia dei germi che a quell'età chi se ne frega, e poi tutti a mollo sotto la più vicina fontanella schizzando da tutte le parti e facendo indignare la vecchietta di turno. Saranno questi momenti che poi una volta adulte ricorderanno delle loro estati di bambine, ve lo dice uno che già a 37 anni si crogiola nei rimpianti.
Sapete, mi è tornata in mente quell'amica di cui vi parlavo prima, devo cercare di rintracciarla chiedendo agli amici dell'epoca, chissà se ha una figlia piccola, perchè se somiglia almeno un po' alla mamma questo libro se lo divora, e glielo vorrei regalare. Ma casomai gliene compro un'altra copia, quella mia con la dedica di Stephanie è sacra.
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