Care lettrici e cari lettori,
Oggi vi voglio presentare una ragazza che ho conosciuto in una sera d'estate grazie a Costanza Gangi, che lo scorso giugno ha regalato al blog una memorabile intervista (e che alla prima in campionato è andata a segno con la nuova maglia della Pistoiese, gran bel goal tra l'altro) e che tra una parola e l'altra ho capito che Maria Chiara Fantozzi era fatta della sua stessa pasta; giovanissima ma talentuosa e soprattutto seria e appassionata.
Maria chiara Fantozzi.
Sono stato felice quando ha accettato di essere intervistata, io punto molto sulle calciatrici giovanissime ma che hanno già storia e storie alle spalle, vi potrei schierare una formazione di under 20 assolutamente di tutto rispetto, non solo per il talento ma per l'intelligenza e la preparazione che dimostrano, e Maria Chiara mi ha molto colpito in tal senso. Certo, non ha avuto fortuna con l'ultima esperienza a Siena con la Robur che è fallita, e attualmente la sua vita sta prendendo direzioni che sulle prime possono allontanare dai campi di calcio ma io sono dell'idea che "Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano" e l'amore per il calcio di questa ragazza risulterà più forte, e quando avrete letto le sue storie lo penserete anche voi.
Ciao Maria Chiara, grazie ancora di aver accettato, è un vero piacere averti su "Il viola e il rosa". Vuoi innanzitutto presentarti ai lettori?
Ciao Omar, grazie a te di avermi dato l’opportunità di potermi raccontare attraverso lo sport più parlato del momento. Mi chiamo Maria Chiara, ho 18 anni e sono di Siena.
Parlaci di Maria Chiara bambina; chi o cosa ti ha fatto amare il calcio? ed è stato il primo sport che hai praticato oppure hai provato altre discipline?
L’amore per il calcio nasce all’età di 10 anni, tra le mura della scuola elementare. Nonostante mio babbo abbia giocato per molti anni e allenato squadre in categoria, fino ad allora mi ero tenuta distante da questo sport, soprattutto per la paura di essere giudicata dai miei coetanei.
Questo muro che mi precludeva da quella che sarebbe stata la mia felicità, un giorno fu abbattuto dalla frase, che aspettavo ormai da tempo, di un mio compagno di classe: “Chiara vuoi fare due tiri con noi?”
Da quel giorno ad ogni ricreazione, mentre le altre bambine giocavano imitando modelle, io ero nel mezzo ad una decina di bambini a fare ciò che avevo sempre desiderato.
Prima di iniziare definitivamente calcio ho praticato nuoto ma, senza togliere nulla ai nuotatori, per me era uno sport troppo piatto e privo di colpi di scena!
In effetti il nuoto è uno sport che vive di pochi attimi e dove l'atleta punta tutto su se stesso ricercando la perfezione, anch'io preferisco gli sport dove il fattore umano è determinante e dove vive il concetto di squadra.
E comunque sappi che nell'adolescenza ho cercato anch'io di invitare ragazze a giocare a pallone ma non ho avuto mai successo, anzi venivo abbastanza deriso da loro stesse e dai miei amici, peccato non aver incontrato una Maria Chiara Fantozzi in quegli anni.
Immagino che pur essendo tu molto giovane, abbia iniziato a dare i primi calci al pallone in squadre maschili; come ti sei trovata, e com'era il tuo rapporto con i compagnucci dell'epoca? ti hanno subito accolta tra loro senza alcun problema o in qualche modo hai dovuto farti rispettare?
Ebbene si, la prima squadra che mi ha accolta è stata l’Alberino, composta dalla maggior parte dai miei compagni di classe. Quello che colpisce un po' tutti è come ci sono arrivata. Purtroppo o per fortuna...raccontando una bugia a mio padre, convincendolo del fatto che le femmine portassero punti in classifica!
Supplicandolo in ogni modo alla fine cedette e riuscii così a fare il tanto desiderato primo allenamento “serio”.
Conoscendoli già quasi tutti mi hanno accolta fin da subito come una di loro, senza nulla in contrario da ridire e anzi spesso portata sul palmo di mano.
Gli allenatori hanno sempre dato lo stesso spazio a tutti senza privilegiare nessuno e senza far sentire me meno importante o meno capace dei miei compagni, che già calpestavano il prato verde da qualche anno in più di me.
Però come tutti sanno, i maschi quando giocano diventano un po' egoisti, quindi sempre meglio conquistarsi il pallone invece di star lì a guardare!
Giocando contro squadre maschili era solito essere vista come “diversa” dagli avversari e dai loro genitori. Nonostante qualche sguardo in più o qualche parole sussurrata all’orecchio non erano poi così cattivi...e questo dava a me la possibilità di sentirmi diversa!
Non erano tanto cattivi ma nemmeno buoni a parer mio...hai fatto una gran cosa a trasformare il tuo "essere diversa" in voglia di riscatto, in ogni caso complimenti ai tuoi compagni che ti hanno accolta così bene, non so se la mia generazione avrebbe fatto altrettanto, mi piace sottolineare la maggiore apertura mentale di tanti ragazzi di oggi.
Poi dopo l'Alberino, a 13 anni, passi nelle giovanili del Siena femminile, dove passi tre stagioni, fino al fallimento della società. Cosa ci puoi raccontare di questa tua prima avventura in una squadra tutta al femminile? e ti è capitato, durante il percorso, di esordire in prima squadra?
Giovanissima nel Siena femminile.
Finito il mio percorso con i maschi (durato addirittura un anno di più) decido di non smettere e quindi passare ad una squadra tutta al femminile, il Siena Calcio Femminile. Qui incontro le mie prime compagne di squadra con le quali ho condiviso gioie e dolori fino all’anno scorso. Il primo anno fummo iscritte ad un campionato di squadre femminili a 7. fu un campionato con alti e bassi, ma la più grande soddisfazione l’avemmo quando si vinse 1-0 contro la Stella Azzurra, squadra di Arezzo che vantava di una rosa a dir poco imbattibile. Questo fu un anno di conferme per me: il calcio era ciò che mi piaceva di più. Nel frattempo crescevano le amicizie, per me tutte nuove, anche fuori dal rettangolo verde. L’anno dopo abbandonammo il campionato femminile per fare “esperienza”, andando a giocare contro i maschi. Non mi metto a dire tutte le frasi che ricevevamo ad ogni fine partita, ma nonostante questo uscivamo sempre sorridenti e felici dal campo, forse un po' stanche, ma sempre e comunque fiere della maglia che portavamo. Come si suol dire, le donne hanno sempre la meglio, e ad una partita di fine campionato i ragazzi dell’altra squadra si presentarono in pochi, forse non arrivavano nemmeno a 11. gli altri erano rimasti a casa perché “mi vergogno a giocare una partita contro le femmine”. E fui lì che noi tirammo fuori il meglio, correvamo su ogni pallone, avevamo fame di vincere. La partita finì con uno schiacciante 7-0 per noi. Eravamo ultime in classifica, ma ciò non ci importava, noi eravamo li per divertirci e imparare.
Passarono altri tre mesi e la preparazione era alle porte. Nel frattempo la prima squadra era fallita e molte erano “migrate” nel San Miniato, altra squadra femminile a Siena, senza però le giovanili. Quest’anno non erano partite contro i maschi, ma di nuovo contro le femmine. Questa volta di pari età alla nostra, insomma un campionato dove noi potevamo dire la nostra abbondantemente. Iniziammo a collezionare vittorie già da subito e a prendere le lunghezze con le avversarie. Temevamo solo una squadra, il Castelfranco. Finimmo il campionato da vice campionesse per un punto, dietro alla squadra pisana che ci aveva battute solo 1-0 nella giornata di ritorno.
Si avvicinava un altro obiettivo importante: la Coppa Toscana. Eravamo divise in due gironi, da una parte comandavamo noi, dall’altra il Castelfranco.
Questo fu l’ultimo anno nel Siena Femminile, arrivò il fallimento. Purtroppo ero ancora piccola e per esordire in prima squadra dovrò ancora aspettare qualche anno.
Ecco, questa di voi ragazze che giocate contro i maschi è la prima volta che viene raccontata sul blog, davvero curioso come fatto, ma una curiosità non molto edificante, visto che le frasi che vi dicevano le vorrei sapere, sarebbe proprio il caso di far sapere quanto la gente può dare il peggio di se in queste circostanze. E ritiro parzialmente quanto ho detto prima su una generazione smart, se poi scopro che i ragazzi non si presentano per non giocare contro voi ragazze..ma saranno stati loro oppure gli allenatori o i genitori a mettergli questa roba in testa?
Ma torniamo alla già citata Coppa Toscana del 2016; comandavate voi e il Castelfranco, e vi trovate come prevedibile in finale, e fu una partita interminabile e tesissima che vi siete aggiudicate dopo una serie di rigori incredibili con nove errori su dieci tiri; ci puoi raccontare quella finale? Come è stato vincere un trofeo ancora così giovane?
Come ho detto in precedenza, l’ultimo anno del Siena femminile ci ha portate a giocare anche la finale della coppa toscana nel 2016, contro la temuta squadra della provincia di Pisa. La preparazione alla partita fu durissima, ogni allenamento più intenso del precedente. Arrivammo nello spogliatoio con le gambe che tremavano ad ogni secondo, con la voglia e la determinazione di portarsi a casa la sudata vittoria.
L’arbitro da il via alla partita, dopo 10 minuti già 1-0 per noi. Ma non ci esaltammo troppo, sapevamo che l’avversario avrebbe tirato fuori l’asso nel momento in cui nessuno se lo aspettava. Il Castelfranco dovrà aspettare il secondo tempo per giungere alla parità. Terzo tempo teso, ma senza variazioni. Finisce la partita e giunge un altro momento di tensione: i rigori. Sono un po' come un terno al lotto: non sai mai come finirà. Il portiere avversario era bravo, ma anche il nostro non era da meno. Forse nel cielo c’era scritto che la vittoria era nostra. Facemmo centro solo una volta, ma quel rigore fu quello che ci portò in trionfo. Chiudemmo cosi l’ultimo anno di quella società, che dopo il fallimento rinascerà sotto altri nomi.
Vincere una finale ancora così giovane è stata un’emozione un po' particolare. È stata la rivincita dopo il sudore e la fatica. È stata un porticina che si è aperta e che ha fatto spazio ad altre soddisfazioni. È stata anche la dimostrazione agli occhi della città che c’era una squadra di 13 ragazze che potevano dire la loro anche contro squadre superiori.
Avrai senz'altro ricordi calcistici più importanti in futuro, ma non so quanti potranno eguagliare questo, per freschezza e per purezza, deve essere stata una sofferenza vera anche da spettatore, figuriamoci per chi come te l'ha vissuta sul campo. E poi il Castelfranco era sempre il Castelfranco, grande vittoria davvero.
Bene, so che giochi come difensore centrale, chi ti ha scoperta in questo ruolo? e come lo hai sentito più congeniale alla tua personalità?
Inizialmente con i maschi giocavo sulla fascia oppure in attacco, i classici ruoli che vengono assegnati a chi inizia da poco e non ha la totale visione del gioco. Quando sono passata con le femmine ho continuato a fare la fascia, finché abbiamo giocato a 7, facendo su e giù dal terzino all’attaccante esterno. Come ruolo me lo sono sentito abbastanza mio fin da subito, se solo non fosse stato per il fiato mancante!
Nel secondo anno di Siena femminile, subentrò Valentina Fambrini come nostra allenatrice, che ci ha accompagnate fino all’ultima stagione. È stata lei ha cambiare la sorte del mio ruolo. Secondo lei la difesa era il reparto adatto a me. Prima mi provò come terzino nel campionato a 11 contro i maschi, per farmi prendere diciamo le misure.
Dopo due anni, passammo al San Miniato e di lì in poi abbiamo sempre giocato a 11, anche con squadre di livello come la Fiorentina e l’Empoli. Fu proprio quell’anno che la mister mi trovò il ruolo definitivo: il difensore centrale. Mi fu dato soprattutto per il fisico poiché ero un po' più alta delle mie compagne. Di lì in poi non ho più desiderato fare altro. Dovevo fare esperienza certo, ma come ruolo mi attirava molto perché, come si suol dire, gli attaccanti vincono le partite e i difensori i campionati.
Valentina è sempre stata la prima ad insegnarmi cose nuove, a farmele fare e rifare finché non erano perfette, a spronarmi sia da fuori che da dentro al campo.
Piano piano sono riuscita a trovare la giusta affinità con il mio ruolo, a fare i giusti movimenti e a prendere sulle spalle il peso di comandare la difesa. Passo dopo passo sono riuscita ad emergere e farmi notare anche io.
Da dietro vedevo il gioco, come posizione si adattava alla mia personalità, di ragazza timida. Il difensore non ha bisogno di mostrarsi eccessivamente oltre quello che è, ci sono partite in cui è il protagonista ed altre in cui emerge poco, giusto nel momento del bisogno. Sale un po' ogni tanto, ma spesso preferisce stare giù a far compagnia al portiere.
Bellissima questa tua descrizione del ruolo e di come te ne sei impadronita, sarai timida sul campo ma a livello comunicativo ti metti in gioco con grande generosità, oltre che, ripeto, con una maturità allarmante.
Dopo il Siena continua il tuo valzer nel grande calcio senese nelle fila del San Miniato, una delle eccellenze del calcio toscano femminile degli ultimi anni, la squadra che negli ultimi anni ha potuto vantare tra le altre Valeria Mazzola, Ilaria Ciofini, Costanza Mascilli, il capitano Clara Meattini e tante altre campionesse; come ti sei trovata in questa società, cosa ci puoi raccontare dei tuoi anni in neroverde? e hai avuto modo di affacciarti in prima squadra, di dare il tuo contributo in anni importanti come quello magico del 2018-2019?
Dopo il fallimento del Siena Calcio Femminile siamo passate in massa al San Miniato, alcune hanno smesso, altre hanno preso strade diverse, ma la maggior parte di noi è rimasta a combattere insieme. Sono stati i primi anni del calcio a 11, venivamo da campi più piccoli e dovevamo prendere le misure. La preparazione diventava più pesa e il livello tecnico aumentava. Il primo anno era di “prova”, dovevamo confrontarci con le avversarie, veterane per quel campionato, e dovevamo trovare il nostro equilibrio sia sul campo che a livello di testa. Siamo comunque riuscite a trovare il nostro baricentro, portando a casa vittorie con le squadre al nostro pari e sconfitte, alle volte molto pesanti, contro squadre di alto livello.
In neroverde San Miniato.
Era il primo anno che il San Miniato faceva il settore giovanile femminile, quindi era un’esperienza nuova anche per loro. Questo però ha potuto regalare ad alcune di noi, la possibilità di affacciarsi in prima squadra, imparando molto dalle più grandi e prepararsi al meglio a campionati futuri. Purtroppo nella stagione 2018-2019, a differenza delle due precedenti in cui avevo avuto modo di dire la mia, non sono potuta salire in prima squadra a causa di ripetuti infortuni che mi hanno tenuta lontana anche dalle juniores; ma nonostante questo ho continuato a sostenere le mie compagne dalla tribuna...ed hanno fatto veramente le fiamme!
Nonostante i vari problemi personali e le luci puntate sulla prima squadra, anche noi più piccole abbiamo potuto dire la nostra arrivando seconde in campionato, dietro il Perugia, e vincendo la Coppa Toscana.
Maria Chiara, grazie a te stiamo ricostruendo tanta della storia recente del San Miniato, che pur nella sua breve vita tanto ha dato al calcio femminile toscano, ma non avevamo mai parlato delle squadre giovanili con tanta dovizia di particolari; lo "storico" che è in me ti dice GRAZIE, spero tu capisca quanto sei importante in questo senso.
Prima ho citato varie campionesse; da quali di loro hai imparato di più a livello tattico e umano? e come ti sei sentita a giocare al loro fianco?
Si, sicuramente sono tutte delle istituzioni ed hanno scritto la storia del calcio femminile senese. Per mia fortuna ho avuto la possibilità di giocare a fianco di tutte quelle che hai citato, in particolar modo giocando in difesa, accanto a Valeria mazzola e il capitano Clara Meattini. Entrambe, ma anche le altre, hanno accolto me e le altre mie compagne “più piccole” fra loro senza problemi e abbiamo stretto un rapporto di amicizia fin da subito. Anche andando a vedere le partite e guardando da fuori, ho imparato da loro i movimenti, le tattiche di gioco ed ho provate a riportarle, con l’aiuto di Valentina, sia in allenamento che in partita.
Come detto prima sono delle grandi in tutti i sensi, giocare al loro fianco, e soprattutto in prima squadra, mi ha fatta sentire piccola ma grande allo stesso tempo. Non c’è cosa più emozionante, per quanto riguarda le nostre categorie, di poter dire agli altri “oggi ho giocato in prima squadra” e vedere tutti...a bocca aperta!
In un torneo dello scorso giugno, con Valentina Fambrini.
Io credo che aver giocato con alcune delle più grandi calciatrici toscane dell'ultimo decennio sia un qualcosa che ti rimarrà dentro, un giorno, arriva per tutti, sarai anche tu una veterana e mi piace pensare che qualcosa di Valeria, di Clara, di Ilaria rimarrà in te, dal modo di giocare a quello di fare spogliatoio, secondo me sarà per loro un modo di continuare a giocare tramite te.
Il tuo ultimo anno è nella Robur, in quella stagione 2019/2020 che ormai è la "stagione del covid" che per il calcio femminile ha voluto dire campionati interrotti; fino a quel momento però com'era stata la stagione della Robur? ti stavi trovando bene? e che ci puoi dire del fatto di avere come mister la già nominata Valentina Fambrini, istituzione del calcio senese?
Per la stagione 2019-2020 abbiamo avuto la proposta dalla presidentessa del Siena di far parte della squadra “Robur Siena Femminile”. È stata una proposta che noi juniores, venute via con la bocca amara da San Minato, ed altre giocatrici provenienti sia sempre da San Miniato che da altre squadre toscane, abbiamo abbracciato in pieno.
In questa foto con la formidabile Giulia Bruci, adesso nel mio San Giovanni calcio a 5.
È stata la possibilità per noi di affacciarsi ad un campionato più impegnativo, confrontarsi con persone più grandi di noi ed andare a giocare contro squadre più esperte. Abbiamo partecipato al campionato di Eccellenza, prendendo da subito le misure e dimostrando che anche se di età media più piccola, non eravamo di certo lì per partecipare e basta. A parte qualche sconfitta amara, ci siamo sempre preparate al meglio, dando ogni volta qualcosa in più rispetto alla partita precedente. Purtroppo appunto questa è stata la stagione covid, che ci ha messo le sbarre davanti a inizio marzo. Il nostro campionato si è concluso lì, con una terza posizione, davanti al Montevarchi e in generale a squadre che partecipavano all’Eccellenza da molti più anni di noi.
Personalmente l’emergenza sanitaria non mi ha solo bloccato il campionato e la coppa toscana, ma anche la rappresentativa. Infatti, per la prima volta, ero stata chiamata dal selezionatore per far parte della squadra che sarebbe poi andata a Bolzano a giocare il famoso torneo delle regioni e con amaro dispiacere ho potuto partecipare solo a due allenamenti.
Alla fine abbiamo potute giocare solo sei mesi, ma ce l’abbiamo messa veramente tutta. Pur essendo una squadra nuova nata solamente a settembre, abbiamo stretto buoni rapporti fra di noi sia in campo che fuori nonostante in qualche caso, la differenza di età. È stata una squadra che personalmente mi ha regalato tanto anche a livello umano, ognuna era disponibile per l’altra in qualsiasi momento.
In rappresentativa, altra esperienza recente importante.
Per quanto riguarda la mister, Valentina Fambrini, non mi posso assolutamente lamentare. Ha iniziato a seguirci nel 2014 e da lì in poi ci ha sempre allenate lei. Da grande giocatrice quale è stata, abbiamo fatto subito cambiamenti repentini a livello di gioco e di tattica. Per quanto riguarda me posso dire che mi ha aiutata tantissimo sul campo e che è stata proprio lei a capire il mio ruolo. Nonostante i ripetuti urli, che erano ormai diventati uno slogan all’interno dello spogliatoio, mi ha sempre spronata a dare il meglio.
Ho finalmente conosciuto Valentina a un evento al Palagalli dello scorso settembre, posso dire pubblicamente che mi sono tremate un po' le gambe? per me era come conoscere un Pirlo, un Baggio, un Mancini; una delle giocatrici che più mi ha emozionato trovarmi davanti, mi hanno raccontato così tante cose su di lei che mi sembra ormai di averla vista giocare.
Domanda più personale; pur da difensore centrale, ti è capitato talvolta di segnare qualche goal? se si, ci vuoi dire il tuo più bello e/o importante, quello che ricordi con più piacere?
Come tutti sanno i difensori sono catalogati come...scarponi! Però nonostante questo a volte il sogno di imbucare la palla in rete si avvera. E fortunatamente sono stata protagonista di un 4-0 in maglia nero-verde contro il Rinascita Doccia in una partita di Coppa Toscana, la semifinale se non mi sbaglio.
Essendo una fra le più alte, rientravo nello schema del calcio d’angolo sul secondo palo. Fino a quel momento non avevo avuto occasioni eclatanti poiché la palla si fermava sempre all’altezza del dischetto e le poche volte che arrivava sul secondo palo...non la prendevo.
Poco prima della chiama nello spogliatoio, una mia compagna di squadra, Costanza Brogi, continuava ad insistere sul fatto che quella partita avrei segnato di testa. Essendo scettica detti poco peso a quello parole, credendoci poco e rimanendo con i piedi per terra data la conoscenza delle mie capacità, senza montarmi troppo la testa.
Non so, forse le stelle e i pianeti allineati? O forse non avevo creduto abbastanza in me stessa?
La situazione però si rese favorevole all’incirca al 30’ minuto del primo tempo sullo 0-0. Calcio d’angolo a favore del San Miniato. Valentina mi sprona a salire dalla difesa con grinta e velocità. Schema classico del trenino: una sul primo due nel mezzo e io sul secondo palo. A battere va Camilla Pastorelli, che con una precisione matematica la calza sul secondo palo e a me non resta altro che ruotare la testa e buttarla dentro. 1-0 per le nero-verdi. Essendo il primo in una partita “seria” ( il primo in assoluto lo avevo segnato nel Siena Femminile quando ancora giocavamo a 7), l’emozione arrivò alle stelle e con uno scatto che Bolt scansati, corsi ad abbracciare la mia portierina, che chissà perché...aveva previsto tutto!
Bello, finalmente una telecronaca di un goal bella dettagliata e appassionata!! fantastico, ci hai fatto vedere il goal, tutti lo abbiamo vissuto.
La domanda che segue, lo so, è un poco melodrammatica, specialmente per una ragazza giovane come te, ma provo a fartela lo stesso; a inizio marzo hai svolto, come tutte le calciatrici, un ultimo allenamento e poi tutto è stato stoppato, ma non era solo il tuo ultimo allenamento della stagione, era il tuo ultimo allenamento con la Robur, perlomeno così come l'hai conosciuta; quando hai realizzato tutto questo come ti sei sentita? pensi di essere stata defraudata di qualcosa, hai vissuto tutto come una ingiustizia, oppure hai accettato serenamente la cosa? E quanto ti senti amareggiata nel sapere che Siena ha lasciato fallire le sue due squadre femminili più rappresentative, non avrebbero potuto aiutarvi di più?
Purtroppo la situazione sanitaria ha fermato la vita di tutti e di conseguenza ci ha bruscamente allontanate dal rettangolo verde anche a noi.
La notizia della chiusura delle scuole mi arrivò nel viaggio di ritorno dalla rappresentativa, mentre peraltro mi dirigevo al consueto allenamento del mercoledì. La prima emozione fu la felicità, il poter stare a casa due settimane e recuperare le forze. Ma la situazione è andata peggiorandosi e forse era meglio rimanere a condurre la vita prima di quel mercoledì, con la stanchezza della scuola e il fiatone dopo gli scatti di metà allenamento.
Riuscimmo nonostante questo ad allenarci anche il venerdì, ma non a disputare la partita della domenica contro il Lebowski, che fu annullata appunto causa covid. Io sapevo già che quello sarebbe stato l’ultimo allenamento sul campo di Siena e anche l’ultimo con la maglia della Robur. Nonostante tutto, continuerò a pensare che concludere momentaneamente la carriera calcistica con i colori della propria città addosso sia stata un’emozione abbastanza unica e profonda.
Ci ho sperato fino all’ultimo che si potesse aprire una porticina, che tutto potesse tornare come prima, che potesi giocare un’ultima partita da difensore centrale della Robur Siena. Sfortunatamente questo è stato solo un sogno, rimasto nel cassetto, e chissà se prima o poi riuscirò di nuovo a tirarlo fuori.
A Siena vi erano due squadre femminili di livello: la Robur Siena, partecipante al campionato di Eccellenza, e il San Miniato che era riuscito ad approdare in serie C e dire la sua. Con tanto amaro in bocca, come tutti sappiamo, entrambe le squadre sono fallite, ma siamo anche a conoscenza del fatto che non è la prima volta che una squadra femminile, in particolar modo al livello calcistico, venga lasciata allo sbando. Purtroppo sono sempre state tante parole, spesso rimaste a mezz’aria, e quando è il momento di fare veramente qualcosa e di impegnarsi per aiutare un gruppo di 20 ragazze a portare avanti il loro sogno, viene sempre data la precedenza a tutto il resto. E la cosa che ancora di più ferisce me e tutte le mie compagne, è l’essere considerate quasi zero perché si sa, le donne nel calcio non portano profitto economico e di conseguenza è tempo sprecato starci dietro.
Mi dispiace solo una cosa, che alla tua età tu abbia capito già tutto di come vi hanno sempre trattate e vi stiano ancora trattando. Vorrei dirti che esageri, ma la tua disamina è oserei dire perfetta, purtroppo.
Domanda strettamente attuale; e ora cosa fa una calciatrice del San Miniato o della Robur che si ritrova a spasso? molte hanno sposato altri progetti in altre città, come Giuditta Toppi e Costanza Gangi entrambe alla Pistoiese, altre si stanno ancora guardando attorno, e tu cosa pensi di fare? sei giovanissima, hai tantissimo da dare a questo sport, come pensi di riorganizzarti, di reinventarti?
Come ho già detto prima, la mia carriera calcistica si è conclusa momentaneamente, a seguito della chiusura. Ho deciso di intraprendere un’altra strada e di cercare di raggiungere un altro mio grande sogno: diventare architetto. Ho provato a temporeggiare, data la notizia della formazione di una nuova squadra del Siena, ma oltre a questo davanti mi si è messa la possibilità di andare a fare l’università a Milano e perciò è passato davanti lo studio.
Mi sono lasciata con Siena in ottimi rapporti e chissà se un giorno potrò mai tornare a mettermi gli scarpini con le mie vecchie compagne di squadra che dopo tutti questi anni condivisi insieme erano diventate la mia famiglia. E chissà anche se nei momenti liberi dallo studio, riesca a trovare una squadra qua nella zona di Milano per continuare a ricevere le immense soddisfazioni che solo il calcio mi ha potuto dare.
Prima di tutto tantissimi auguri per il tuo sogno professionale, ti dico solo di affrontarlo come il calcio, ossia con grinta e generosità. Spero assolutamente però che tu possa trovare presto una squadra, non smettere assolutamente, sei appena all'inizio e già quante storie fantastiche hai raccontato, non ne vuoi aggiungere altre? sarebbe un delitto non farlo! Senti, tra dieci anni ti chiederò un'altra intervista, ok? mi racconterai del tuo periodo milanese di quando alternavi il calcio allo studio, poi del tuo ritorno a Siena, se il nuovo progetto prende il volo, cosa che mi auguro, nella tua città troverai una squadra ad aspettarti che sono sicuro ti riaccoglierà a braccia aperte, come spero succederà a tante tue ex compagne che vorranno tornare a casa, sogno un Siena che vada in alto con le sue ragazze giovani che già hanno onorato la maglia. Magari con una Fambrini o una Meattini (non ti voglio pensionare eh Clara, tra degli anni...) in panchina, che si regali il Siena alle donne che più lo hanno rappresentato.
Ultima domanda, e finalmente una ragazza molto giovane a cui porla; secondo te il professionismo è davvero vicino? credi che sia un obiettivo realmente alla portata, o temi che la batosta covid possa rallentare il tutto? e nel caso fosse confermato dalla stagione 2022/2023, quanto ti sentiresti orgogliosa, da calciatrice e da donna?
A piccoli passi il movimento del calcio femminile sta raggiungendo grandi traguardi anche se a parer mio, a livello di nazione, siamo ancora tanto lontani dal professionismo. Se prima del covid, i passi per raggiungere questo obiettivo erano incerti, adesso lo sono ancora di più. È brutto pensare come nel 2020, ci siano ancora persone che cataloghino gli sport in base al sesso. Il calcio è uno sport da maschi. La danza è una disciplina da femmine. Ed è questo che ancora frena, assieme al fatto che puntualmente le donne contano di meno in tutto a partire dal lavoro fino ad arrivare al tempo libero, in una strada verso il professionismo.
Sicuramente sì, se arrivassimo veramente ad una vittoria in questo campo sarei orgogliosa, prima di tutto da donna e poi in secondo luogo, ma non perché meno importante, da calciatrice e da promotrice in prima persona del movimento.
La tua cautela venata di scetticismo la sposo in pieno, perché è anche il pensiero che sempre ho portato avanti su questo blog, non escludo niente ma credo che alle donne in questo paese non sia regalato niente, anzi tutto debba essere conquistato con sacrifici enormi e "concesso" solo se c'è un tornaconto, e non so se il movimento dopo la batosta covid riacquisterà l'interesse e la forza mediatica dell'estate 2019. Speriamo.
Che dirti Maria Chiara? mi dispiace essere arrivato alla fine di questa intervista, e scommetto che i lettori penseranno la stessa cosa. Anche se ti ho conosciuta solo per una sera, ti svelo perché ti ho chiesto l'intervista; per la tua umiltà, la tua simpatia, sei una ragazza veramente gentile e intelligente, e sono contento di averci visto giusto con te, ci hai regalato veramente un "ritratto della calciatrice da giovane" di grande impatto emotivo e di enorme interesse anche calcistico, non capita tutti i giorni di leggere la testimonianza di un percorso nelle giovanili del calcio senese fino all'approdo in prima squadra. Purtroppo non potrò vederti giocare tanto presto visti i tuoi impegni, ma ti prometto che ti seguirò in tutta la tua carriera, e quando tornerai a vestire una maglia in terra senese verrò ad applaudirti, non so quando ma ci saremo, tu cresciuta e io invecchiato, ma tutti e due con una passione, quella per il calcio femminile, che oggi ho potuto raccontare grazie a te. Buona fortuna, e a presto.