Care amiche, cari amici,
ci sono occasioni in cui si può andare oltre, in cui si può lasciare un segno, ma bisogna trovare la persona giusta per farlo, quella che ami un ideale o una causa come la ami tu, anzi più di te, che ne sia un emblema.
E grazie alle amiche fantastiche che ho conosciuto questa estate, in special modo quel cuore grandissimo di Roberta Zurli, mi sono potuto mettere in contatto con Veronica Vasarri, la scintilla che ha fatto divampare un fuoco sopito, ma con il quale volevo incendiare il blog, per porre l'attenzione sulla questione più grande di tutte e dimenticata dal calcio di elite, sacrificata sull'altare del sistema che dipinge meraviglioso un mondo, quello del calcio femminile, che non lo è affatto; la discriminazione verso le donne che praticano sport, i pregiudizi e i luoghi comuni con i quali ancora oggi devono combattere, anzi, oggi più che mai, in quanto ogni conquista che viene fatta deve essere poi difesa con tenacia dall'esercito sempre più numeroso di coloro che gliele vorrebbero togliere, questo tempo sta abbandonando il centrismo qualunquista, ci sono molte più persone con il cuore al posto giusto ma anche molte e molti più Savonarola dei nostri tempi, per farla breve il mondo si divide sempre più tra coloro proiettati verso il futuro e il medioevo di ritorno, e la ragione è da una parte sola, la nostra, quella di chi guarda avanti.
Ma se io sono una persona appassionata a un ideale, Veronica è una combattente, una pasionaria, che ci mette volto e cuore; attivista, presidentessa dell'Arcigay di Arezzo, Veronica è una donna, una lesbica che non si nasconde e pure una calciatrice, in pratica tutto ciò che sconvolge i benpensanti, i censori, gli autonominatisi probiviri.
Ma Veronica non è un tipo da slogan, non lancia invettive, è raziocinio, intelligenza, ti espone idee e fatti in un modo tale da disarmare e incantare; abbiamo affrontato tutto, senza paura ma anche senza cattiveria, così i detrattori non avranno nemmeno da attaccarsi allo stereotipo della lesbica livorosa. Ma adesso vi lascio alla nostra collaborazione,così giudicherete voi.
Ciao Veronica, e grazie ancora per l'opportunità che dai a me e tante altre persone. Vuoi presentarti a chi legge?
E' un piacere poter dialogare con te, che sicuramente ti intendi molto più di me di calcio, proverò a portare il mio punto di vista di donna lesbica e amante dello sport, nel mio tempo libero infatti oltre ad essere la portiere della squadra di calcio a 5 A.C. Capeto sono anche volontaria e presidentessa dell'associazione Arcigay Arezzo "Chimera Arcobaleno"
Tornando a noi, come prima cosa vorrei complimentarmi con te per il tuo attivismo e per quello che fai; ma cosa comporta essere attivista per i diritti LGBTI+; cosa fai a livello pratico, oltre ovviamente che a livello ideologico? quali iniziative reputi importanti per far conoscere il vostro movimento e invitare alla tolleranza e al dialogo?
Attivista per i diritti delle persone LGBTI+ lo si può essere in molti modi e forme, personalmente ho scelto di farlo attraverso l'appartenenza e il volontariato in un comitato territoriale di Arcigay (la principale associazione LGBTI+ italiana) perchè riesco così a coniugare sia le attività di pressione a livello politico per l'approvazione di norme e tutele maggiori a contrasto delle discriminazioni, sia ad adoperarmi in iniziative di informazione e sensibilizzazione su orientamento sessuale e identità di genere a livello locale, ma anche in veri e propri servizi rivolti alla comunità LGBTI+ aretina che negli anni abbiamo costruito (ad esempio: sportello di ascolto e accoglienza, linea telefonica amica, momenti di formazione ecc...). E' possibile conoscere meglio le attività dell'associazione sul sito www.chimerarcobaleno.org e sui relativi canali social.
E ti ringrazio per tutte le informazioni, spero possano essere utili per molte persone, quello che fai è bello e importante.
Devo ora farti una confessione; sono sempre stato solidale con il movimento LGBTI+, ma fino a un anno fa non lo reputavo una mia battaglia, pensavo fosse una cosa che da "esterni" non fosse possibile capire, e soprattutto non pensavo che l'omofobia fosse così forte e radicata nel nostro paese, credevo fosse ormai un vessillo di frequentatori del family day e postdemocristiani vari, e invece da quando ho avuto modo di conoscere tante persone e vedere la discriminazione vissuta sulla loro pelle, mi sono accorto che il problema è ben più grave, ed è diventata anche la mia causa.
Vorrei parlare con te di tantissimi argomenti in quanto sei una persona che reputo estremamente intelligente e interessante, siamo stati al telefono per quasi un'ora e mi sono sembrati cinque minuti. Mi ha colpito di te soprattutto la tua apertura mentale e la tua tolleranza, due fattori che certo non appartengono ai poveretti omofobi che vi fanno la guerra. Vorrei chiederti innanzitutto, quante volte incontri la discriminazione nella tua giornata? Sei mai stata insultata per strada mentre magari eri con la tua compagna, oppure durante una partita di futsal, o anche solo per il tuo attivismo che da fastidio a tanti? Quanto medioevo, in definitiva, c'è ancora in Italia?e quanta strada c'è realisticamente da fare ancora per colmare questo gap tra noi e paesi ben più tolleranti?
Personalmente ho avuto la fortuna di fare coming-out intorno ai 20 anni, subito dopo la mia prima esperienza sentimentale con una ragazza, esperienza che mi ha fatto conoscere meglio me stessa; la reazione della mia famiglia e delle persone care intorno a me è stata tendenzialmente accogliente e positiva, senza negare le iniziali paure e dubbi dei miei genitori, questo mi ha dato lo stimolo per dichiararmi ogni qual volta uscisse l'argomento "relazioni sentimentali" in qualsiasi situazione o contesto mi trovassi, dal luogo di lavoro al gruppo della palestra. Questo mio "espormi" e subito dopo impegnarmi anche nell'associazionismo mi ha probabilmente protetta da eventuali "ricatti" o minacce da parte delle altre persone, tant'è che non ho mai subito sulla mia pelle direttamente episodi di violenza fisica o verbale, quindi non so se il mio attivismo dia fastidio, sicuramente sì ma nessuno ha il coraggio di dirmelo!!! Però non tutte le persone sono forti e strutturate come me, vedo e sento infatti i racconti di altre persone che non si sentono al sicuro neppure nella propria famiglia o, molto più spesso, nel luogo di lavoro temono ripercussioni così si sentono costrette a nascondere una parte della propria vita per evitare problemi o scherni vari, questa è la sofferenza e la privazione più grande e diffusa che molte persone omosessuali o trans vivono quotidianamente.
Non solo a livello legislativo, ma soprattutto a livello culturale, in Italia c'è ancora molto da fare, perché proprio come dicevi tu non sono soltanto sparuti gruppi di ultra-conservatori a contrastare l'avanzata dei diritti civili, nell'opinione pubblica generale sono presenti ancora molti pregiudizi sulla comunità LGBTI+ fondamentalmente perché poca è l'informazione e la conoscenza reale.
In compenso però c'è la disinformazione, di quella ce n'è anche troppa e in tutti i campi, purtroppo.
Parliamo adesso più in specifico di calcio femminile; è da sempre prigioniero di luoghi comuni, a me una volta su due quando dichiaro che ho un blog di calcio femminile mi chiedono "Ma è vero che sono tutte lesbiche?" Una domanda che ormai metto in conto, anche se non manca di ferirmi ogni volta.
Paradossalmente nel 2015 l'italia si accorse del calcio femminile proprio per il commento di un alto papavero, tale Belloli, che disse di "Smettere di dare i soldi a 'ste quattro lesbiche" una frase orrenda ma che da una parte ebbe un effetto imprevisto, ossia fece dire a tanti italiani medi "Ah, le donne giocano a calcio davvero?" Quindi vorrei sapere da te se veramente il calcio femminile, come anche altri sport di squadra, è percepito dalla gente solo come lo "Sport delle omosessuali".
Gli stereotipi di per se' non sono sempre sbagliati, sono solo una semplificazione della realtà, il problema è quando uno stereotipo si trasforma in un pregiudizio negativo. Per la mia esperienza sì, è vero che a molte ragazze lesbiche piace il calcio o lo praticano ma non è vero il contrario e cioè che "se una ragazza ama il calcio allora è sicuramente lesbica". Le affermazioni offensive ed assurde di Belloli e anche di altri uomini del calcio sono causate dalla mentalità profondamente maschilista della nostra società di cui il calcio è visto come una "roccaforte" da proteggere, in cui tutto ciò che non è virilità non può entrare, per questo anche le donne che lo praticano sono considerate "maschiacci" (una parola che detesto) oppure vengono direttamente ignorate.
Ho molte conoscenze nell'ambiente del calcio a 11 e del calcio a 5, con qualcuna ho instaurato un bel rapporto di amicizia, e tra coloro che sono lesbiche alcune mi hanno parlato senza problemi della loro omosessualità, mentre con altre persone, per tutto il resto brillantissime e coraggiose, noto una certa reticenza a parlarne, anche in casi più che palesi, e nonostante la capisca provo molto dispiacere per questa loro "riservatezza" nonostante abbia più volte dimostrato loro di potersi fidare di me; perché secondo te ancora oggi molte ragazze non hanno il coraggio di dire tranquillamente a un amico "Sono lesbica"?
L'omofobia interiorizzata - ovvero quell'insieme di sentimenti negativi tipo ansia, disprezzo o avversione che le persone omosessuali provano nei loro stessi confronti - è spesso causata dall'ambiente che ci circonda e da quello in cui ogni persona cresce e vive, questo può essere uno dei motivi che rende difficile dichiarare il proprio orientamento sessuale. Oppure, più semplicemente, non c'è una sofferenza dietro e credono che non sia importante fornire questa informazione o magari aspettano solo l'occasione giusta o il poter presentare la propria compagna/fidanzata.
Io credo che il coming-out ("venir fuori allo scoperto" da non confondere con l'outing che invece consiste nel rendere noto l'orientamento sessuale di una terza persona senza il suo consenso) sia una scelta del tutto personale e soggettiva, non obbligatoria e che non deve essere in alcun modo forzata, magari però dovremmo cominciare tutti e tutte a non dare per scontata l'identità o l'orientamento affettivo delle altre persone, smettendo ad esempio di fare domande come "ce l'hai il fidanzato?" "sei sposata?" preferendo delle domande più neutre come "sei impegnata?" o "stai con qualcuno/a?" così da evitare di mettere in imbarazzo la persone e mostrare già dalla domanda una sorta di apertura. Personalmente io credo che oggi sia ancora importantissimo fare coming-out, è quasi un atto politico, ce n'è bisogno per contribuire a modificare la mentalità di molte persone, per raggiungere poi finalmente l'obiettivo in cui l'identità e la sessualità di ogni persona non siano più notizia e siano realmente indifferenti.
Verissimo, ma questa delle domande indiscrete è un'altra battaglia persa, e non solo con generazioni più anziane delle nostre. Io ad esempio trovo molto indiscrete anche le domande sul lavoro o su quanti esami manchino alla laurea, quindi figurati domande sulla sfera sentimentale, ma è considerata maleducata non la persona che pone la domanda ma quella che eventualmente non risponde, misteri della vita sociale.
Tornando a noi, mesi fa ha tenuto banco la questione Elena Linari - Albin Ekdal, ossia un botta e risposta, seppur indiretto, tra la centrale difensiva del Bordeaux e della nazionale e il calciatore svedese della Sampdoria; Elena Linari, una persona meravigliosa ma anche un carattere vulcanico, disse che anche i calciatori omosessuali (Perché contrariamente a quello che dice Marcello Lippi, altro simpaticone, ci sono eccome) dovrebbero fare coming out senza paura, ed Ekdal disse, molto pacatamente, un pensiero che anch'io mi sento di condividere, ossia che un calciatore che in italia si dichiara gay diventerebbe lo zimbello delle curve avversarie e, in fondo, mal tollerato anche dai propri tifosi, poiché (questo lo aggiungo io) il tifo nel femminile è composto quasi tutto da persone per bene, quello del maschile purtroppo, specialmente coi gruppi ultras, mostra il peggio dell'umanità. Personalmente credo che il coming out sia possibile solo se tutti si mettessero d'accordo tra loro e "uscissero allo scoperto" insieme, sarebbe un vero terremoto per l'opinione pubblica, mentre uno solo darebbe un grande esempio ma rischierebbe di non giocare mai più sereno. Tu come la pensi? mi piacerebbe avere un tuo sincero parere al riguardo.
Intanto apprezzo molto Elena Linari, non solo come calciatrice ma anche per aver spontaneamente e in maniera molto naturale parlato della propria vita privata come qualsiasi altro personaggio pubblico fa quotidianamente nelle interviste o nei propri profili social.
E' incredibile come nel calcio maschile, lo sport più praticato e seguito in Italia, non si sia mai neanche sentito parlare di un atleta gay, neanche uno, questo è statisticamente impossibile. Il tema è molto articolato e complesso. Se nel calcio maschile, e intendo quello professionistico ad alti livelli, quello dei diritti tv e dei mega sponsor, nessun calciatore, allenatore o arbitro negli ultimi decenni abbia fatto coming-out è per una serie di fattori e corresponsabilità: responsabilità delle società, delle federazioni, del tifo organizzato e degli sponsor, tutti accomunati (consapevolmente o inconsapevolmente) da idee maschiliste per cui se un calciatore fosse omosessuale allora sarebbe meno bravo, meno performante, più attaccabile. Roba inaccettabile nel 2020.
Se, come dici tu, la motivazione di questa scelta del "silenzio" fosse fatta per tutelare l'atleta dagli eventuali attacchi degli ultras, dal possibile scherno dei tifosi e dall'attenzione dei media beh allora mi chiedo perché verso le azioni, le frasi e i gesti razzisti che fino a poco fa riempivano le curve e le tribune degli stadi sono stati presi provvedimenti diversi? Una prima risposta è ovvia: ad un bravo calciatore di colore non può essere nascosto il colore della pelle, mentre gli affetti e i comportamenti sessuali possono essere ben mascherati. Ma a quale prezzo? Al prezzo della libertà e della serenità di vivere a pieno secondo me. Per questo io credo che le Società e le Federazioni abbiano una grande responsabilità e una grande possibilità educativa anche principalmente verso i tifosi e gli ultras, dovrebbero favorire e proteggere un eventuale coming-out in nome dei valori dell'uguaglianza tipici dello sport.
Non credo che il coming-out sia possibile solo se tutti si mettono d'accordo, sicuramente sarebbe una scelta di maggiore impatto e che potrebbe garantire una maggiore protezione, ma non credo ci sia bisogno di gesti eclatanti, basterebbe una sola persona, sicuramente coraggiosa, ad aprire una strada che sono sicura poi si riempirebbe di altre voci e testimonianze. Questo può esser favorito sicuramente dell'appoggio della principale Federazione, delle Società o eventualmente di uno sponsor (visto che molti grandi brand usano il marketing per mandare messaggi di tolleranza e accoglienza in altri campi).
Capisco e condivido il tuo ragionamento ma in questo caso sono più scettico al riguardo, chi si prende la responsabilità di uscire allo scoperto per primo dovrà affrontare una battaglia tremenda, e non sono così sicuro che altri lo seguirebbero a ruota e che le società gli accorderebbero in automatico la loro solidarietà, se non ipocrita e di facciata; in Italia vedo ancora tante squadre troppo prigioniere dei gruppi ultras, della mentalità incivile e retrograda tipica delle frange più estreme, ci vorrebbe veramente una persona con un coraggio incredibile per esporsi, e spero prima o poi essa arriverà, ma per me ci vorranno ancora anni, anni di vostre e nostre battaglie.
Vorrei parlare con te adesso della mercificazione della donna sportiva; è mai possibile che le calciatrici (ma non solo) siano messe in copertina prima per la bellezza che per le doti tecniche? Nessuno sa i nomi delle calciatrici della nazionale di calcio statunitense, ma le bellissime Hope Solo e Alex Morgan sono star planetarie oltre la loro effettiva bravura. Nelle trasmissioni televisive sono invitate le brave ma pur sempre attraenti e fotogeniche Regina Baresi e Valentina Giacinti, ed è stato pubblicato un libro a firma Eleonora Goldoni, quest'ultima una giocatrice senza particolare talento (E non so cosa abbia da raccontare che valga la pena di essere letto, sinceramente..) ma guarda caso bellezza da copertina. Uscendo dal calcio, l'unica cestista italiana nota ai più è Valentina Vignali, altra bellezza mozzafiato; l'elenco sarebbe infinito, ma la domanda è questa; per quanto ingiusto, trovi che questo sia l'unico modo di far conoscere lo sport femminile alle masse? Nessuno guarda alla bellezza di un fuoriclasse nel maschile ma solo al suo talento, ma per la donna sportiva essere bella sembra una necessità..
Un'atleta deve essere giudicata, commentata e chiacchierata per le sue prestazioni tecniche e sportive, esattamente come avviene per il 99% degli atleti uomini. Mi rifiuto di pensare che la bellezza di alcune calciatrici sia l'unico modo per far conoscere e far parlare di più del calcio femminile. Questa disparità di trattamento e di considerazione deve finire e su questo sono convinta che i media abbiano parte della responsabilità, nel senso che evidentemente ci sono molti pregiudizi da abbattere se tanti giornalisti sportivi (e uso il maschile non a caso) non sappiano prescindere da un commento estetico in un articolo che si occupa di atlete donne.
Questa disparità di considerazione forse finirà solo quando anche dal punto di vista legislativo nello sport ci sarà un equo trattamento tra atleti ed atlete, forse non tutti sanno infatti che lo sport femminile non è riconosciuto ne' disciplinato come professionismo: non esistono tutele ne' diritti per le atlete ed i/le tecnici in nessuno sport femminile, con l'unica eccezione della Federazione Italiana Golf !
Solo a Luglio di quest'anno il Senato ha approvato un emendamento per aiutare le Federazioni a sostenere gli oneri e gli stipendi delle atlete, aprendo di fatto la strada al professionismo femminile nello sport. Così come avvenne per gli uomini, il calcio farà da apripista anche per il professionismo femminile, infatti la FIGC ha iniziato un graduale progetto teso al riconoscimento del professionismo delle calciatrici della massima serie. Piccoli e tardivi passi, ma credo saranno utilissimi per eliminare i vari retaggi culturali di cui abbiamo parlato più volte in questa intervista.
Vorrei adesso parlare con te di una bellissima realtà, le "Polisportive gay friendly" di cui mi hai parlato proprio tu; squadre di calcetto, volley e altri sport miste non solo come genere, ma anche come orientamento sessuale; ovvero, uomini e donne, etero e omosessuali che praticano sport insieme, per ragazzi che magari si sentono a disagio nel giocare coi maschioni alpha ultra-testosteronici, oppure di ragazze che vogliono sentirsi accettate e fare nuove amicizie. La trovo un'idea bellissima e proiettata verso il futuro, ci puoi spiegare nel dettaglio come si è creata questa realtà?
Le squadre sportive LGBT-friendly sono una realtà ormai piuttosto diffusa sia in Europa che in Italia, si tratta di gruppi sportivi amatoriali che hanno come scopo prioritario quello di includere ogni persona a prescindere dal proprio orientamento sessuale o identità di genere, generalmente sono affiliati ad associazioni LGBT ma non necessariamente, esistono squadre composte solo da uomini gay oppure donne lesbiche, ma prevalentemente si tratta di gruppi "friendly" che si caratterizzano per essere misti, in ogni senso, per genere, età, orientamento sessuale ecc... Gli sport più rappresentati sono il calcio e futsal, la pallavolo e il rugby, ma esistono anche gruppi LGBT-friendly di nuoto, trekking, tennis ecc...
Qui in zona possiamo nominare i Pink Flamingos - squadra mista di pallavolo all'interno dell'associazione Arcigay Arezzo, gli Unicorn Team - squadra mista di pallavolo all'interno dell'associazione Arcigay Siena, i Revolution Soccer - squadra maschile di calcio a 5 di Firenze, l'associazione sportiva Bugs di Bologna o i gruppi sport di Omphalos Perugia che hanno squadre o organizzano tornei in varie discipline.
Queste squadre a volte sono iscritte a campionati ufficiali (generalmente nel circuito UISP che ha più volte mostrato sensibilità e attenzione al rispetto dell'identità di ogni persona - vedi tesseramento alias) ma più spesso partecipano e si riuniscono in tornei organizzati ad hoc, proprio con l'intento di spazzare via i pregiudizi e l'omotransfobia dallo sport: ad Arezzo in particolare si tiene ormai da 7 anni l'evento Play Pride - lo sport per i diritti, un torneo misto di pallavolo a cui partecipano squadre da tutta la Toscana e oltre, oppure a Firenze proprio in questi giorni si tiene la 6° edizione del Florence International Soccer Tournament, progetto inizialmente nato con il nome Finocchiona Cup.
Può sembrare una piccola realtà di nicchia, invece esiste anche una Federazione europea per la visibilità nello sport delle persone gay e lesbiche (EGLSF) nata nel 1989 e che dal 1992 organizza un grande evento annuale di sport inclusivo: gli EuroGames, il più grande evento multi-sport di Europa che riunisce ogni anno oltre migliaia di atlet* indipendentemente dalla loro identità di genere o dal loro orientamento sessuale. Per chi vuole approfondire il tema consiglio un paio di libri: "Giochiamo anche noi. L'Italia del calcio gay" dell'aretina Francesca Muzzi e "Le parole che mancano al cuore" di Fabio Canino.
Ti ringrazio per queste informazioni dettagliate, averti conosciuto mi ha arricchito molto anche in questo, non conoscevo questa realtà, e credo nemmeno molti dei lettori, grazie di averci illuminato in merito.
Vorrei parlare adesso, ma è più una mia considerazione personale, della tolleranza totale che ho trovato nella vostra comunità, a partire da te; sono sicuro che se volessi partecipare per solidarietà e ammirazione (E lo faremo, sia io che mia moglie) a una festa Arcobaleno o a un Gay Pride sarei ben accetto, mentre se qualcuno di voi si presentasse a un family day e affini verrebbe guardato in cagnesco se non addirittura respinto. Io credo che nessuno come chi è privato della tolleranza e della libertà di esprimersi sia poi capace di includere, di far capire, di informare. Cosa vorresti dire a chi, come me fino a un anno fa, è solidale ma è convinto che sia una battaglia solo vostra?
Sembrerà una frase fatta ma "i diritti di uno sono i diritti di tutti", è ormai consolidato infatti che estendere i diritti civili non toglie niente a nessuno ma anzi, aumentando il benessere di alcuni aumenta il benessere della collettività. Per questo ogni persona dovrebbe sentire come propria qualsiasi battaglia di civiltà, anche se non la riguarda in prima persona, ma proprio per un interesse collettivo.
Mi fa molto piacere che tu abbia fatto un percorso e che non ti senta solamente solidale ma parte attiva di una battaglia, gli "alleati" sono quanto di più prezioso per la comunità LGBTI+, sono la vera forza e il vero strumento per ottenere il supporto di larga parte dell'opinione pubblica e di conseguenza anche della politica e delle istituzioni. Per questo non posso far altro che invitare tutt* ad approfondire ciò che non si conosce, a non lasciarsi fregare dai pregiudizi e a tenere sempre un comportamento rispettoso, a partire dal linguaggio, verso ogni persona, a prescindere dal suo genere, dalla sua identità, dalla sua storia o dai suoi affetti.
Infine un grazie a te Omar per aver voluto approfondire queste questioni occupando uno spazio del tuo blog e per averlo fatto con estrema delicatezza ed intelligenza. Grazie davvero.
Grazie a te di cuore Veronica, sai, vorrei essere "solo" tuo amico e non anche un alleato, poiché dove ci sono alleati ci sono anche nemici, e battaglie da combattere. E' incredibile che nel 2020 ci sia ancora chi giudica, ma anche ghettizza, una persona solo per le proprie preferenze sentimentali e sessuali, mi sembrano battaglie senza senso, esattamente come quelle che si vedono combattere ancora in ogni angolo di mondo, con gente che muore senza un perché, anche se nessuna guerra in fondo lo ha mai avuto, un perché. Il mondo non può stare in pace, troppa gente che non la vuole, combattiamo allora per i diritti civili, senza armi e violenza, ma combattiamo. Questa nostra collaborazione sarà una goccia nel mare, ma una goccia in più del niente. Grazie a tutte le persone come te che stanno lottando non solo per se stesse, ma per i diritti di tutti, semplicemente per un mondo migliore, e tu, Veronica, migliori il mondo, e mi sento orgoglioso che tu abbia scelto il mio blog per veicolare il tuo messaggio prezioso, prezioso come l'amicizia e la libertà, due cose che tutti potrebbero avere, se sapessero capire tutto il bello del mondo.
Grande Veronica ! un abbraccio
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