Questa volta lascio da parte la
nostra amata viola e mi occupo di temi più importanti, ossia di tutte quelle
dinamiche che di fatto tarpano le ali al calcio femminile, condizionandone in negati
vola diffusione, e di tutte quelle mascoline beceritudini che lo affliggono.
-SESSISMO
“Manuela Giugliano è infortunata? Allora può tornare in cucina” questo è
l’originale battutone apparso sul profilo twitter della AS Roma femminile qualche giorno fa, giustamente segnalato dalla
società.
In questa rete affamata di odio
spicciolo, di meme offensivi mascherati da post satirici, fin dal primo giorno
del mondiale le ragazze sono state oggetto di post sciocchi e desolatamente
privi di qualsiasi forma di ironia o fantasia (facessero almeno ridere, per capirsi) con
l’hashtag “tornateaifornelli” a farla da
padrone.
Si può tranquillamente affermare
che le nostre siano state il bersaglio prediletto degli haters e dai troll nella
prima parte della scorsa estate, quelli che hanno paura delle donne che giocano
perché magari esse hanno la "colpa" di aver raggiunto
un azzurro che l'hater assapora solo alla Play, che temono che in qualche modo le ragazze possano fare ombra al calcio maschile, che nei Tg sportivi gli si rubi due
minuti di trasmissione per parlare di loro.
Simbolo, vessillo di questa assurda
e crudele crociata è stata l’immagine del volto sorridente di Fulvio Collovati,
postata ogni volta che le nostre subivano un goal, e ovviamente proliferata dopo
la partita con l’Olanda. L’accostamento in realtà è pertinente, perché l’ex
calciatore campione del mondo 1982 nel febbraio scorso fu protagonista di una esternazione assolutamente sconcertante, che gli è giustamente costata la sospensione dalla
trasmissione “Quelli che il calcio”.
“Una donna che parla di tattica mi fa
rivoltare lo stomaco” fu la perla, continuando poi su questa falsariga tra i
rimproveri dei conduttori e degli altri opinionisti, che sulle prime
addirittura pensavano scherzasse tanto erano gravi i concetti che esternava.
Ora, io mi chiedo come un calciatore che ha
vinto molto, che per una vita ha vissuto di pallone, possa essere così privo di
empatia, così offensivo con un movimento già in grossa difficoltà ad emergere.
La parte più becera di internet non aspettava altro, “fate schifo, lo dice
anche il grande Collovati” ecco il bel risultato ottenuto. Nei miei sogni immagino
Milena Bertolini che lo trova a qualche evento e gli molla uno schiaffone in eurovisione, ma siamo appunto nelle fantasie più sfrenate, ben più fattibile
sarebbe stato un bel video di gruppo di altri reduci dal mondiale 1982 (o anche
2006) in difesa delle donne che amano e giocano a calcio e di condanna per le
parole del loro ex compagno di squadra. Niente. Oppure un bel video di scuse dello
stesso Collovati, anche dopo il mondiale, un bel “scusate ho detto una
sciocchezza tremenda, siete forti e brave” ma ancora niente, peccato davvero. Comunque,
per inciso, tutto quello che so di calcio e di tattica (parecchio, mi si
perdoni l’immodestia) l’ho appreso già in tenera età da mia madre, grande
appassionata di calcio, e mi chiamo Omar in onore di Sivori che era il suo
idolo, mentre mio padre di calcio se ne frega, per dire.
-OMOSESSUALITA’
“Ma basta dare i
soldi a ‘ste quattro lesbiche!” anno 2015, sorprendentemente dopo Cristo. Questa
becera esternazione, pensiero da bar
diffuso ma che invece esce della bocca illustre di (in)Felice Belloli, all’epoca
presidente della lega nazionale dilettanti, uno che avrebbe dovuto sostenerle e
proteggerle, indigna ancora, ma per il tono di disprezzo, non tanto per quello
che esprime, perché il termine lesbica di per se non è un’offesa, è un modo di
essere e una scelta di vita concessa alle donne di ogni paese civile, e poi si,
in nazionale o in serie A ci potrebbero essere due, tre, quattro, anche molte
di più donne omosessuali.
E allora? Chi se ne frega di quante
ce ne sono e di chi sono? Dobbiamo vederle giocare a calcio e tifare per loro o
fantasticare su cosa fanno e con chi nelle
loro camere da letto? Ve lo siete mai chiesto per i calciatori uomini, è mai
stato importante? Il coraggio di Elena Linari, prima italiana a fare coming out
“ufficiale” è indubbio, e sicuramente ha ragione dicendo che in Spagna e nel
resto d’europa la cosa viene vissuta con
molta più apertura mentale che non da noi (indubbiamente nelle grandi città è
così, in contesti più rurali ho qualche perplessità..) ma ci sono altre
calciatrici che già da tempo esternano i loro sentimenti anche via social per
le loro compagne (non faccio nomi, questo non è un blog di gossip) e
fortunatamente nessuno, in nessun caso, durante una partita ha mai fatto un
coro stupido verso di loro.
Perché, paradossalmente, in questo
singolo caso le donne sono avvantaggiate rispetto agli uomini, possono dirlo
senza troppi problemi semplicemente perché il calcio femminile è pulito e
quello maschile no.
Immaginatevi, ad esempio, un calciatore della
Juventus, la squadra italiana con più rivali, che dichiara la propria
omosessualità; avrebbe finito di vivere, ogni volta che la squadra gioca a
Firenze, Napoli, Roma, Milano etc. per la tifoseria più becera sarebbe il
frocio, il ricchione, il busone, il finocchio da mettere alla berlina; scusate
i termini volutamente forti ma andrebbe proprio così, e il suo gesto di coraggio
verrebbe svilito da un teatrino infame che lo perseguiterebbe per tutta la sua
carriera, quindi, Elena, mi dispiace ma sono in disaccordo con te quando dici che un giocatore, se omosessuale,dovrebbe dichiararsi per dare un esempio, il
calciatore gay che non ammette di esserlo non è vigliacco, ha solo buonsenso (e
scommetto che anche le società impongono questa linea) il tifo maschile dei buu razzisti e delle
banane in campo non aspetterebbe altro che un ulteriore diversivo per fare e
farci ancora più schifo.
-PROFESSIONISMO
Nei giorni scorsi, come ormai è
risaputo, è scoppiato il caso Giulia Orlandi, centrocampista della Florentia
San Gimignano che ha lasciato il calcio ancora giovane e in forma, e chi ha visto
il suo partitone contro il Milan (io, io!!) può confermarlo, per dedicarsi a tempo pieno
al lavoro. Ora, non voglio stare ulteriormente a rimarcare la sua già discussa
vicenda, ma la prendo comunque ad emblema di una sconfitta, quella del
movimento del calcio femminile italiano, che senza il professionismo ha visto
centinaia di promettenti tesserate rinunciare ancora prima di lei a un sogno
bellissimo per un altro, un posto di lavoro fisso, che è appunto un sogno anch'esso,
ma che comunque rappresenta un ripiego rispetto alle proprie naturali
inclinazioni.
Immaginatevi un Messi o uno Mbappè
che a un certo punto della loro carriera si trovano costretti a lasciare il calcio
per trovarsi un lavoro, vi sembrerebbe giusto? E allora perché lo deve essere
per una donna? Questa non è solo discriminazione, è di più, è sopruso, è crudeltà,
è cancellare i sogni delle ragazze, calpestare il talento che invece DEVE poter essere
espresso dalle fortunate che lo possiedono.
Le colpe sono di tanti, in primis
dei mass media, che parlano parlano e poi fanno vedere poco, a cominciare dalla
Rai; bello invitare Milena Bertolini al novantesimo minuto, e allora perché non
fate vedere nella stessa trasmissione anche i goal del campionato
femminile? E perché non passate qualche partita su Rai sport? E vogliamo
parlare di Mediaset, che nei programmi sportivi non parla di Serie A femminile
preferendo la passata di Cristiano Ronaldo e le uniche donne “di calcio” che
mostra sono wags particolarmente attraenti? Come si fa ad appassionare la gente
al calcio femminile se non lo si mostra sulle reti in chiaro? Fino a che i
media non cominceranno a “spingere” con decisione la disciplina, le timide
proposte di legge rimarranno appunto proposte, perché semplicemente non ci sono
i fondi per garantire uno stipendio fisso compreso di contributi.
Che poi, non è che con il
professionismo si trasformerebbero automaticamente le calciatrici in
milionarie, come assurdamente pensa diversa gente. Anzi, se adesso il limite
massimo del rimborso spese che di fatto sostituisce lo stipendio è di 30.658
euro (ma è appannaggio delle giocatrici più forti delle squadre più ricche, non
certo di tutte) anche il tetto di
salario previsto dall’emendamento discusso in parlamento la scorsa settimana
sarebbe di 30.000 euro LORDI all’anno, quindi a conti fatti sui 21.000 euro
netti, quindi meno del rimborso spese di adesso ma perlomeno tassato e coi
contributi che maturano, come quello appunto di un professionista. Sarebbe uno
stipendio buono, certo, ma che come già detto spetterebbe solo a poche; se una
Bonansea o una Giacinti o qualche calciatrice straniera di nome potrebbero
effettivamente ricevere questi soldi (più gli sponsor e i premi della nazionale)
una difensore, faccio solo un esempio, dell’Orobica non si avvicinerebbe
nemmeno lontanamente a questo tetto massimo. Per l’amor del cielo, è anche
giusto che il maggior talento sia meglio pagato, ma se esiste un campionato è
anche grazie alle calciatrici meno blasonate, per le quali deve essere
garantito un salario minimo di almeno mille euro al mese nette, qualcosa di
simile a uno stipendio appena decoroso.
Lo so, per molti/e restano comunque ragazze che si “divertono invece di
lavorare” ma nel pacchetto metteteci possibili infortuni dolorosi, esposizione
mediatica difficile da gestire, lontananza dalle proprie famiglie, posticipazione
di una possibile desiderata maternità negli anni migliori della carriera, tutti
problemi che una donna che lavora in ufficio a tempo indeterminato magari non
ha, quindi la cifra che ricevono mi
sembra congrua o anche, ve lo devo dire? troppo bassa, proprio perché anche con
un regolare contratto e i contributi pagati resta un’attività precaria e
faticosa, un infortunio serio o un sinistro e sono lo stesso fuori dal giro, devono
ricominciare tutto da capo, le società non possono pagare una calciatrice
infortunata per mesi e mesi.
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