martedì 12 maggio 2020

LE PROTAGONISTE; INTERVISTA A SARA COLZI

Care lettrici e cari lettori,

Oggi è un altro giorno speciale per il blog e per il mio progetto, in quanto ho il vero piacere di presentare non solo una ex calciatrice che molti appassionati/e  ben ricorderanno, ma una grande donna di sport a tutto tondo, vera protagonista nelle discipline in cui si è cimentata e continua a cimentarsi; calciatrice, podista, allenatrice attualmente alla guida delle Allieve della Fiorentina Women's, dopo quattro anni da coach della Primavera viola (con tre finali nazionali raggiunte), insegnante di educazione fisica e tante altre cose che vi lascio il piacere di scoprire, la vita sportiva e umana di Sara Colzi è un vero romanzo d'appendice, ogni domanda infatti è un capitolo che lascia nei lettori la viva curiosità di sapere cosa ci riservi il prossimo; per cui ladies and gentleman mettetevi comodi, Sara  sta per prenderci per mano e guidarci nel suo album di ricordi;


Sara Colzi alla guida delle ragazze viola.


Ciao Sara, benvenuta su "Il viola e il rosa" e lasciami ribadire il piacere di averti qui con noi; innanzitutto ti vuoi presentare?

Mi chiamo Sara Colzi, sono nata a Prato e ho sempre abitato a Prato, tranne che negli anni in cui giocavo nella Reggiana e avevo a disposizione un appartamento la che occupavo una volta a settimana, visto che spesso facevo avanti e indietro perché contemporaneamente lavoravo e facevo l’università.

L'altra grande passione di Sara; il podismo.


Dunque, come sapete per il mio progetto cerco soprattutto calciatrici che abbiano militato in tre società che hanno fatto la storia recente del calcio femminile toscano,  Firenze, Castelfranco e Scalese, e tu hai giocato in tutte e tre, sei veramente il profilo ideale! Ma da dove è partita la tua avventura calcistica? hai iniziato anche tu in squadre maschili? raccontaci qualche aneddoto dei tuoi anni giovanili nel mondo del pallone.

Negli anni dell’adolescenza praticavo ufficialmente atletica. Ma a calcio ho sempre giocato fin da piccola. Ci riunivamo con tutti gli amici della strada e di solito spesso ero una delle prime che venivano scelte per fare le squadre. E’ frequente argomento di ricordo quando ritrovo i vecchi amici, di come ero sempre io, subito dopo pranzo, tornata da scuola, ad andare a suonare ai campanelli di tutti, e spesso le mamme rispondevano al citofono che i ragazzi erano ancora a pranzare e di ripassare più tardi. Poi naturalmente giocavamo, non solo a calcio, fino alla sera. Al calcio femminile ufficiale non mi sono avvicinata in quegli anni perché mia madre tendeva sostanzialmente a evitare un ambiente che era allora abbastanza poco rassicurante (almeno lei lo percepiva così), non come adesso e come negli anni a venire, e il pregiudizio la faceva comunque da padrone. Per cui mi aveva indirizzato verso l’atletica, mentre da piccola praticavo nuoto agonistico.

Che poi, come ha detto recentemente anche Gattuso, dal calcio "di strada" si imparano moltissime cose non solo calcistiche, e a tante e tanti farebbe ancora bene, una palestra di vita impareggiabile.
Dopo aver giocato nel Prato, hai scoperto in te la vocazione per l'atletica, raggiungendo tra l'altro degli ottimi risultati. Ci vuoi parlare delle tue prime esperienze da velocista?

Si, ho avuto una parentesi nel Prato Sport, poi come detto mia madre mi iscrisse ad atletica e mi portava quasi tutti i giorni presso l’impianto di Quinto Basso a Sesto Fiorentino. Ero tesserata per l’Atletica Sestese Femminile, sono stata in quegli anni anche vice campionessa italiana Allieva (Under 18) sui 400 metri, battuta dalla futura primatista italiana Virna De Angeli che poi vincerà anche una medaglia d’argento agli Europei indoor.

Insomma, fin da ragazza sei andata alla grande, vedo! I miei complimenti.
Hai praticato atletica da fine anni ottanta fino al 1995, ma in questi anni c'è stata anche una parentesi calcistica, in Brasile, nel Flamengo, che credo sia stata per te, appena ventenne,una bella avventura. Che ci racconti della tua esperienza in terra Carioca? Sono molto curioso.

La classica avventura da film. In quel tempo stavo insieme a un compagno brasiliano, eravamo lì in vacanza, palleggiavamo in spiaggia a Rio De Janeiro come tutti fanno in quelle spiagge, mi vide un osservatore e volle a tutti i costi fare il provino. Proprio dal giorno dopo cominciava infatti la settimana dei provini, che comprendeva, appunto, sette giorni di test, tra capacità condizionali, tecnica individuale, tattica e così via. Inizialmente non ero così convinta, ovviamente per tutto quello che avrebbe comportato poi il doversi trasferire e cambiare completamente vita se mi avessero preso. Comunque lo feci e andò bene, mi vollero tesserare. Li il calcio femminile era già allora assolutamente uno sport popolare e le ragazze facevano carte false per riuscire a entrare in un club di serie A. Mi davano anche un ingaggio non banale. In squadra c’era anche Formiga, che proprio di recente, a 42 anni, ha appena rinnovato il contratto con il Paris Saint Germain. Poi però dopo pochi mesi tutto a un tratto l’avventura finì, perché la società fallì da un giorno all’altro.



Una giovanissima Sara al Flamengo


Davvero una bella storia da film, però lasciami dire che queste cose capitano solo a chi le avventure le sa trovare e accetta di viverle. Su Formiga ogni elogio è superfluo, ho appreso proprio da te, attraverso la tua pagina facebook, del rinnovo e ancora non ci credo che si possa giocare a quei livelli a quell'età.

Dal 2001 al 2003 ti consacri definitivamente al calcio, incontrando per la prima volta nel Valdarno ( Già Piazza, poi Castelfranco, poi Empoli ladies) Alessandro Pistolesi, che credo sia il mister ideale per accompagnarti nella tua nuova vita calcistica. Come è stato allenarsi con Alessandro in questo nuovo inizio, quanto ti ha regalato a livello calcistico e umano?

Sara al Castelfranco


Quando rientrai in Italia cercai altre strade nel calcio. Il Castelfranco era una delle squadre toscane di serie A. La squadra lottava per non retrocedere e l’arma principale per racimolare punti era soprattutto il gruppo. E’ rimasto famoso l’episodio di quando giocammo col Foroni  Verona, squadra leader praticamente incontrastata a quei tempi. Perdevamo di goleada, se non sbaglio eravamo già sotto in doppia cifra, però io segnai e tutta la squadra, compreso mister Pistolesi, mi abbracciò come se avevamo fatto un gol sullo 0-0 in una finale… Stessa cosa col Bardolino, altra corazzata, sotto 7-0 e sul mio gol della bandiera. Io però non ho molti ricordi belli di quel periodo perché avevo frequenti problemi proprio col mio compagno di allora che mi "massacrava" se si perdeva o se secondo lui non avevo giocato bene. Poi nel 2003, atterrando male dopo uno stacco di testa nell’area di rigore avversaria mi ruppi malamente tibia e perone. Infortunio che mi lasciò lontano dai campi per circa un anno e mezzo, dopo due interventi chirurgici.

Ti ringrazio per la tua assoluta sincerità, e per quanto riguarda l'abbraccio con compagne e Mister per dei goal della bandiera beh, mi fa piacere sapere queste storie perchè a ogni intervista lo spessore umano di Alessandro aumenta ancora un poco, se è possibile.
E Dopo La Piazza-Valdarno, ecco il momento più atteso dai numerosi lettori di fede viola del blog, il tuo approdo al Firenze, al quale arrivi già ventottenne, quasi da veterana. Cosa ci racconti dei tuoi anni in viola da giocatrice? E chi erano, a parte te, le stelle di quel Firenze nel quale leggende come Alia Guagni e Giulia Orlandi si stavano appena affacciando?

Una radiosa Sara in maglia viola


Sì, già durante la fine della riabilitazione chiesi di poter provare a rientrare nella squadra più vicina a casa, il Firenze, che stava mettendo su un bel movimento. Ero sì veterana anagraficamente, ma in realtà non potevo fare da chioccia alle più giovani perché le mie esperienze calcistiche erano sostanzialmente non certo troppo variegate. In quel gruppo c’erano tante ragazze che erano cresciute insieme nello stesso ambiente, facendo la scalata delle varie categorie un po’ tutte insieme, ma io non ebbi problemi ad ambientarmi. Ho fin da subito messo dentro la meticolosità che mi ha sempre contraddistinto, il cercare sempre di migliorare la cura del fisico, delle capacità tecniche e condizionali, l’attenzione alla dieta. 

Sara "in volo"

E forse, senza che io me ne rendessi troppo conto, sono stata un punto di riferimento per tante atlete. Con Alia Guagni, che già allora era una delle ragazze che dimostravano di avere doti fisiche importanti, duellavamo spesso in allenamento. Di Giulia Orlandi ho sempre apprezzato la grinta unita alla grande modestia ed era il capitano ideale già allora, nonostante la giovane età. Comunque eravamo proprio un bel gruppo.


Ancora al Firenze con Giulia Orlandi e Francesca Baglieri.


Un gruppo che rimarrà sempre nel cuore di tanti tifosi di lungo corso, e che non si riformerà tanto presto, se mai si riformerà.
Parliamo adesso della Sara più prettamente calciatrice; qual era il ruolo dove rendevi meglio sul terreno di gioco?

Tra i momenti più belli fu quando segnai una doppietta alla Torres capolista in un rocambolesco 2-2 finale in casa nostra. Un pareggio che valeva molto di più di tante vittorie. Segnai un gol di testa e uno su azione trafiggendo il portiere in uscita. Successe che il giorno dopo si radunava la nazionale a Coverciano e dal momento che ebbero una defezione dell’ultim’ora, proprio in virtù di quella doppietta, decisero di convocarmi… In fretta e furia in serata, con i dirigenti della società, espletammo le pratiche per rispondere, all’indomani mattina, alla chiamata. Ovviamente passai una notte praticamente insonne. Però in quegli allenamenti feci evidentemente bene perché il CT di allora Ghedin mi convoca al bar di Coverciano e comincia a illustrarmi tutta una serie di progetti che aveva per me, facendomi un sacco di complimenti. Alla fine della lunga chiacchierata però si accorse della mia carta d'identità… non nascondendo un certo stupore. Non mi disse nulla di definito però fece capire che la sua idea era quella di ringiovanire il gruppo. Di fatto nei successivi mesi, tutte le volte che uscivano le convocazioni e il mio nome non c’era, ci rimanevo malissimo… Sono stati colpi duri da digerire, perchè mi rodeva il tarlo che contro la carta d' identità difficilmente avrei potuto combattere.


Due immagini di Sara nel suo stage in Azzurro

Peccato davvero, c'è da dire però a parziale consolazione  che evidentemente sul campo gli sei sembrata una giovanissima, e questo la dice lunga sulla tua forma fisica.
A quanto so anche durante i tuoi anni da calciatrice non hai mai smesso di correre, partecipando a gare individuali di corsa campestre, sei un'atleta vera alla quale il solo calcio è sempre andato troppo stretto. Hai sempre alternato pallone e corsa per tutta la carriera?

Quando il calendario lo consentiva, ovvero nei fine settimana di pausa, se c’era una gara podistica in giro o una corsa campestre, spesso andavo a farla. Quando ero a Firenze la cosa doveva essere tenuta sostanzialmente nascosta, perché l’allenatore non gradiva... Poi però succedeva che magari vincevo o salivo sul podio, lo scriveva qualche giornale e dovevo rendere conto…  Ma ormai la cosa era accaduta e tutto si è sempre risolto in maniera bonaria.  Che poi correvo tanto anche in campo; una volta era in programma una campestre importante per la società di atletica per cui ero tesserata, la classica campestre della Befana ad Arezzo. La feci nonostante il fatto che poi nel pomeriggio, a Firenze al campo dell’Isolotto, era programmata una partita di Coppa Italia, ma contro un avversario sulla carta facile. Mi sembrava quasi di buttare via una giornata rinunciando alla campestre,per una partita senza troppo significato agonistico. Decisi quindi che avrei fatto entrambe le cose. Subito dopo la gara si tornò il più velocemente possibile a Firenze e rispettai i tempi della convocazione. Naturalmente la partita andò bene, come da pronostico, vincemmo di goleada e feci anche gol…

Campestre "galeotta"

Cioè, mi inchino e faccio tanto di cappello, quasi tutti noi faremmo fatica anche solo a immaginarla, una cosa del genere.
Poi dopo il Firenze passi tre anni alla Reggiana, in serie A; ci vuoi raccontare qualcosa della tua esperienza in Emilia?

Bisogna fare un preambolo. Dopo la promozione in A col Firenze nel successivo campionato di massima serie le cose non andarono al meglio verso. L’allenatore Ciolli si fece da parte, ma rimase in veste di direttore sportivo. Arrivò Alessandro Cosi che tentò di scardinare delle vecchie gerarchie e aveva grandissima stima di me. Mi riteneva assolutamente indispensabile e con lui cominciai a imparare anche le prime importanti nozioni tattiche, che fino al allora per me erano sconosciute. Lo staff era fantastico, tutti davano il 120 per cento,si era creato anche in quel caso un bel gruppo. Mi ricordo che nella trasferta in Sardegna contro la Torres giocai con una clavicola fratturata, dopo uno scontro in settimana in allenamento. Ma la fisioterapista Anita Pozza si era inventata una bardatura di spugna da mettere sotto la maglietta per evitare i rischi maggiori. L’arbitro dette l’ok, e giocai regolarmente da titolare. Solo che nella foga andavo anche a battere i falli laterali e l’allenatore sbiancava tutte le volte, e mi urlava di lasciare le rimesse con le mani alle compagne di squadra… Facemmo la cena di Natale e l’allenatore venne confermato dalla dirigenza. Poi però alla ripresa degli allenamenti ci venne detto che era stato esonerato. In ogni caso retrocedemmo. Eravamo ancora teoricamente in lizza all’ultima giornata, non ci riuscì il miracolo di vincere in casa del Torino. In cuor mio nel viaggio di ritorno decisi che avrei cambiato aria o che avrei smesso. Da li nacque l’opportunità di entrare a far parte del gruppo della Reggiana, allenata da Milena Bertolini. E lì c’è da dire che ho imparato moltissime cose che poi indirettamente o direttamente mi hanno spinto a intraprendere la carriera di allenatore. Nel ritiro precampionato ci allenavamo due volte al giorno. La mattina capacità condizionali, il pomeriggio tattica. La mattina era l’incubo della maggior parte delle mie compagne di squadra, mentre io ero abbastanza tranquilla. Gli incubi per me cominciavano nella pausa pranzo, perché sostanzialmente il pomeriggio arrivava la materia che mi vedeva più deficitaria, tutta una serie di esercitazioni tattiche che non ero troppo abituata a svolgere. In ogni caso superai lo scoglio e all’esordio in Coppa Italia al Mirabello non solo mi ritrovai titolare, non senza un po’ di positiva sorpresa, ma segnai anche il gol che sbloccò la partita. Da li cominciarono tre anni ricchissimi di insegnamenti, anche se non proprio tutto filò sempre per il verso giusto, un po’ per vicissitudini economiche, un po’ per un fastidioso infortunio al ginocchio alla fine della seconda annata che mi pregiudicò il finale di stagione. Vincemmo anche la Coppa Italia, finale in Sicilia terminata ai rigori contro la Torres,anche se a me toccò guardarla da una traballante connessione in diretta da casa perché ero ferma per il problema al ginocchio, che poi risolsi completamente solo con la sosta estiva e alcuni trattamenti mirati.

Si rinnova un grande duello, stavolta con Sara nelle file della Reggiana...


Credo che allenarsi con Milena Bertolini sia stata una fortuna per te, uno di quegli incontri che possono rafforzare ulteriormente l'attitudine a un ruolo.
Nel 2011, ormai trentacinquenne, torni da Pistolesi,che dieci anni prima ti accolse tra le sue fila. Cosa ci puoi dire della tua seconda avventura nel Valdarno? 

E’ stata una bella esperienza. Io ero stata chiamata per dare una mano alla squadra per tentare la promozione in serie A2 che a loro era sfuggita diverse volte negli anni precedenti,quasi sempre per un soffio. E dal momento che mi ero già laureata in Scienze Motorie, stavo concludendo la specializzazione in Scienza e tecnica dello sport, e avevo già conseguito il patentino Uefa B, decisero di affidarmi anche la conduzione della squadra Juniores. Tra l’altro in quel periodo per due anni sono stata anche preparatrice atletica dei Giovanissimi Nazionali del Prato, abbiamo anche organizzato qualche amichevole tra le ragazze e i ragazzi. Quegli anni a Castelfranco furono pieni di soddisfazioni. Intanto con la prima squadra fummo promossi. Riuscii a dare un importante contributo anche in fatto di reti segnate. L’ultima gara fu vissuta al cardiopalma a Lucca, sotto un nubifragio e un campo allagato. La soddisfazione doppia, oltre alla vittoria finale, fu che i gol decisivi di quella gara furono segnati da due ragazzine della Juniores, e quindi si chiuse un cerchio, perchè ero in campo con le ragazze che durante la settimana allenavo. Ma anche dal punto di vista della squadra Juniores andammo molto oltre le previsioni iniziali, conquistammo le finali nazionali e con me sbocciarono diverse ragazze, alcune delle quali a tutt’oggi sono cardini della squadra di serie A dell’Empoli, come Lucia Di Guglielmo, Cecilia Prugna e Giada Morucci. Con queste ragazze ci togliemmo tante soddisfazioni anche negli anni a seguire. Era davvero un bel gruppo, fatto di ragazze che sapevano ascoltare e crescemmo molto insieme.

Le conosco, seguo con grande piacere l'Empoli Ladies e sono un loro vero estimatore, mi fa piacere abbiano avuto la fortuna di allenarsi anche con te.
Ultima stagione da calciatrice, campionato 2014/2015, nel penultimo anno di esistenza della Scalese, in serie B, un campionato direi eccellente con 20 presenze e 10 reti. Cosa ci dici della tua ultima avventura sul campo? è stato bello terminare la carriera agli ordini di un maestro di calcio come Renzo Ulivieri?

Da Ulivieri, che allenava la squadra, andai soprattutto per l’occasione irripetibile di imparare il più possibile e migliorarmi dal punto di vista del mestiere di allenatore. Ero inizialmente titubante soprattutto perché nel frattempo era nato mio figlio Pietro. Col mister si è da subito creato un ottimo rapporto, sempre nel rispetto rigoroso dei ruoli. Ancora oggi, tra uno scherzo e l’altro, mi chiede sempre di tornare a giocare per lui, aspettando inutilmente un sì da parte mia. Ormai sono un’allenatrice, gli rispondo sempre io. Tra l’altro il vice di Ulivieri era Nicola Matteucci, che attualmente è entrato anche lui nello staff azzurro come vice di Milena Bertolini.

Ci puoi dire, nell'arco di una carriera lunga e di ottimo livello come la tua, quali sono le compagne più forti con le quali hai giocato? e le avversarie più temibili da affrontare, le tue grandi rivali?

Alla Reggiana c’erano Nasuti, l’esperta Tavalazzi, anche lei ora allenatrice, e l’eterna giovane spagnola Angel Parejo, per non parlare di Daniela Sabatino, una che ha sempre avuto il gol nel sangue. Del Firenze abbiamo già accennato a Guagni e Orlandi, aggiungerei tra le altre anche Francesca Baglieri, attaccante rapida che spesso con i suoi guizzi risolveva le partite, così come Olga Gori, un’altra atleta vera che come me non si risparmiava mai. Ma ce ne sarebbero tantissime altre da citare perché tantissime giocatrici erano molto forti anche se poi non sono arrivate sotto la luce dei riflettori.
Tra le avversarie anche qui l’elenco sarebbe lungo, su tutte cito Bartoli e Tona, due difensori quasi impossibili da superare.

Davvero, fortissime. E grazie per tutte coloro che hai nominato, altre storie che sarebbe bello far conoscere.
Hai anche segnato diversi goal in carriera; ci vuoi raccontare il tuo più bello, o comunque quello che ricordi con più piacere quando ti abbandoni ai ricordi?  

Non ho particolare memoria nel ricordare i miei gol. Oltre a quelli già citati con la Torres ce ne sono alcuni fatti con la maglia del Valdarno in cui sono partita di fatto da davanti alla difesa per andare a superare il portiere in uscita.

Passiamo adesso alla Sara allenatrice. Dopo la Primavera del Valdarno/Castelfranco e quella della Fiorentina Women's adesso sempre per le viola ti occupi del settore Allieve. Come sono stati questi anni?



Sara alle prime esperienze da "Mister" col Valdarno (poi Castelfranco)

Avevo già lavorato per una stagione alla Vaianese, come responsabile della scuola calcio e avevo già completato la pianificazione della stagione successiva, quando arrivò la chiamata da parte di Vincenzo Vergine. Avevo nella mia testa già l’idea di declinare cortesemente lo stesso invito per l’appuntamento, per non mancare la parola data alla società pratese. Poi però per una forma di rispetto mi presentai all’appuntamento con la Fiorentina. Vergine mi proponeva di diventare responsabile della Primavera femminile viola che si stava per costituire. Era una proposta assolutamente stimolante, ma io mi sentivo già in parola con la Vaianese e lo feci presente già allora a Vergine. Parlai quindi della cosa con i dirigenti della Vaianese che furono molto comprensivi e mi lasciarono accettare l’invito della Fiorentina.
Sono stati anche questi anni di soddisfazioni e successi. Proprio col Castelfranco, poi divenuto Empoli, ci furono gli scontri più duri per la supremazia regionale, ma siamo andati anche oltre, per tre volte approdati alle fasi finali nazionali in quattro stagioni, sfiorando l’approdo in finale. Gli scontri importanti soprattutto con la Roma di Melillo, col  Bari e con la Juventus, che nel frattempo era entrata nel calcio femminile,con grande organizzazione e programmazione anche a livello di settore giovanile.
L’esperienza della semifinale al torneo di Viareggio, eliminate dall’Inter. 
Due Tornei Arco di Trento vinti su due partecipazioni, sempre ai danni della Roma campionessa d’Italia. Abbiamo anche vinto la Coppa Toscana.
 

Coppa toscana Primavera del 2017

E poi sono state diverse le giocatrici approdate nelle nazionali giovanili o in prima squadra. Nella stagione appena trascorsa avevamo concordato con la dirigenza che mi sarei occupata della squadra Allieve, categoria appena varata dalla Federcalcio. Anche qui ci siamo tolti delle soddisfazioni, nonostante un organico numericamente forse carente. Poi è arrivata la pandemia e la stagione, purtroppo, si è interrotta sul più bello.

Quante belle storie ha interrotto e spezzato questo maledetto virus, che tristezza infinita. Ma ti rifarai e vi rifarete con gli interessi.
Per tornare ora all'aspetto podistico, per come ho imparato a conoscerti durante la redazione di questa intervista credo che tu non ti sia mai fermata, che la corsa sia ancora il tuo grande amore. Corri ancora, Sara? in che gare ti diletti? raccontaci, se puoi, il tuo presente da runner.

Vittoria nella mia Pistoia 


In questi anni ho collezionato dei titoli toscani assoluti su pista o su strada, un titolo italiano master sui 1500 metri e tante vittorie o piazzamenti sul podio. Su strada vado bene nelle gare fino ai 15 km, mentre soffro un po’ le mezze maratone di 21 km. Diciamo che la corsa è sempre stata parte della mia vita, ma non è mai diventata una vera priorità, proprio a causa dei tanti impegni col calcio, il lavoro e quelli di mamma. Da qualche anno infatti sono insegnante di educazione fisica di ruolo, e anche docente per la Figc ai corsi per allenatori di calcio per quanto concerne l’attività femminile. Conciliare tutto non è facile, nonostante che in casa facciamo delle vere e proprie staffette con il mio compagno suo papà per gestire il piccolo.




Sul podio con il figlio Pietro.


Ultima domanda; quali obiettivi hai, sportivi e non, per il futuro?

Intanto ora la priorità è superare questo momento della pandemia, e fare troppi programmi giocoforza non è possibile. Tutto passa un po’ in secondo piano... Avevo intenzione di ampliare il bagaglio tecnico delle mie conoscenze e dopo il patentino Uefa A che ho conseguito nel 2017, abbinare anche quello di osservatore calcistico. Mi ci vedo portata per un ruolo del genere. Dal punto di vista professionale sono pronta come sempre a mettere a disposizione la mia dedizione e la mia professionalità, ma per sposare un progetto serio e ben definito. Di certo chi si avvale della mia collaborazione sa che può contare su una persona che non si tira mai indietro, intellettualmente onesta e trasparente. Ed è quello che ho sempre cercato nei progetti che ho sposato, non sempre, per la verità, riscontrando altrettanto. Ma a 44 anni è finito per me il tempo delle avventure, e questo periodo di forzata riflessione ha consolidato questa mia convinzione.

E puoi credermi Sara se ti dico che il tuo carattere onesto e sincero traspare da questa intervista, chiunque abbia letto non può averne dubbi. Con quello che hai già fatto e stai facendo, anche il tuo futuro si prospetta luminoso, il calcio femminile e lo sport tutto hanno bisogno come l'aria di donne come te. Solo su una cosa sono parzialmente in disaccordo, ovvero che per te non sia più tempo di avventure, la tua vita è un'avventura da sempre e credo che, pur in un modo diverso rispetto alla tua età più verde, tante grandi sfide debbano per te ancora  cominciare.
E' stato veramente un piacere conoscerti Sara, sono orgoglioso di ospitare sul mio blog persone come te, sportive a tutto tondo ma anche profondamente umane. Grazie davvero per il tuo tempo, e tanti tanti auguri per un radioso futuro.

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