domenica 17 maggio 2020

LE PROTAGONISTE; INTERVISTA AD ALESSANDRA NENCIONI


Care lettrici e cari lettori,

Il Linari Day, per molti dei presenti l'ultimo grande evento pubblico pre-covid,  è stata una serata memorabile per tanti versi, ma uno dei più bei momenti per me è stato poter salutare, seppur brevemente, la delegazione del Napoli femminile che tanto mi aveva colpito per simpatia e disponibilità a  partire dal loro formidabile presidente Lello Carlino. Poche cose, una stretta di mano (che nostalgia di questo gesto...) al presidente, all'attaccante greca Despoina Chatzinikolau per fortuna detta  Deppy Xatzi, alla terzina Americana Mariah Cameron (NB che io fino a ieri credevo fosse l'altra ellenica in azzurro Tatiana Georgiou...si somigliano come gocce d'acqua!!) all'altra terzina Elisabetta Oliviero e infine a una ragazza dallo spiccato accento Fiorentino, Alessandra Nencioni, che mi colpì molto per lo sguardo fermo e i modi gentili.


Alessandra Nencioni in una recente foto a Napoli


Nel bailamme della serata scambiai poche parole con loro, feci a tutte i complimenti, mi congratulai per il loro bellissimo video di natale (andatelo a vedere o rivedere, anche se siamo andando verso il caldo!) e poi ci siamo salutati al volo, ma tutto il gruppo partenopeo mi era rimasta davvero simpatico, anche se con la mia spiccata predilezione per la città di Napoli (nella quale ho iniziato alla grande il miglior viaggio di nozze possibile) devo dire che sono parecchio di parte.

Foto che scattai io al Linari Day; Alessandra, Elisabetta Oliviero, Elena Linari, Lello Carlino, Mariah Cameron e Deppy Xatzi.

Quando contattando Alessandra per proporle l'intervista mi sono presentato e le ho detto chi ero (ovviamente quasi sicuro che non si rammentasse di me in tutto quel caos) lei invece si è ricordata subito, e ha accettato con entusiasmo il mio invito, per la mia grande gioia e quella dei lettori, perchè l'intervista che Alessandra ha regalato a tutti noi è un bellissimo, variegato e stimolante romanzo calcistico, scritto tra l'altro davvero divinamente; Alessandra oltre che una formidabile calciatrice sei una narratrice nata...pensaci.
Che poi non credo neanche di dover presentare Alessandra Nencioni ai calciofili, ma tanto sarebbe un ripetersi, nessuna presentazione potrebbe essere migliore di quella che ci fornirà lei stessa.
Mettetevi comodi per un altro grande viaggio nel calcio femminile contemporaneo, con una narratrice d'eccezione che vi ci porterà per mano;

Ciao Alessandra, è davvero un piacere averti qui con noi. Puoi intanto presentarti ai nostri lettori, per i distratti che non ti conoscessero?

Ciao a tutti, sono nata  Firenze nel 1989, figlia di fiorentini (Luca ed Elisabetta) che adesso si sono trasferiti in Portogallo per godersi la pensione, e ho un fratello, Cosimo, di due anni più grande. Al momento gioco per il Napoli femminile (se si può dire gioco, data la situazione!)

Parliamo di Alessandra bambina, raccontaci come ti sei innamorata del pallone e come hai deciso che sarebbe stato il tuo sport. E parlaci dei tuoi primi passi, che come tante della tua generazione immagino siano stati in squadre maschili; se si, che rapporto avevi coi compagnucci? Puoi raccontarci qualche aneddoto, buffo o emozionante, sulle tue prime esperienze?

Ho iniziato a dare i primi calci nel giardino di casa mia, insieme a mio nonno e a mio fratello. Io avevo 4/5 anni, credo. A quell’epoca, a quanto pare, il mio passatempo preferito era copiare mio fratello e fare ogni cosa che faceva lui: spirito competitivo mi dicono i miei genitori; dovevo dimostrare che potevo fare meglio di lui. Non ne ho memoria, naturalmente. Ma ne approfitto per chiedere scusa a mio fratello, devo essere stata una bella palla al piede!!! Fatto sta che un bel giorno lui decise di iscriversi in una scuola calcio, e io, ovviamente, andai con lui. Dobbiamo ringraziare mio nonno per questo, ci portava agli allenamenti. I miei genitori lavoravano e non avevano energie. Dobbiamo ringraziare anche loro però, per le poche domeniche che potevano dormire un po’ più a lungo e invece si svegliavano presto per portarci alle partite!
Insomma, mi sto perdendo tra i ricordi. La mia prima squadra è stata il DLF (Dopo Lavoro Ferroviario, ovviamente una squadra maschile), non saprei dire come siamo capitati lì, non era neanche troppo vicino a casa nostra. Ma è stata una fortuna. Il mio primo allenatore, mister Marcello Bongi. Mi ha insegnato tanto, tutta la tecnica di base. Era bravo mister Bongi, sapeva tirare fuori il meglio di noi, sapeva quali erano le nostre qualità e ci faceva giocare in modo da poterle esprimere. Ma soprattutto, mi ha insegnato a divertirmi. Qualcosa che ancora mi porto dietro, nei momenti difficili, quando magari perdo un po’ di speranza, mi basta tornare indietro a quei giorni e ricordarmi perché ho iniziato a farlo, perché ho continuato e perché lo faccio tuttora. Ci tengo a sottolineare quanto sia importante divertirmi, per me, tuttora a 31 anni. Nonostante la crescita importante che ha avuto il nostro movimento, di certo non possiamo ancora permetterci di mettere da parte il divertimento e la passione per inseguire il Dio denaro.
Ma tornando a noi. Aneddoti? Potrei parlarne per ore. A partire dal mio compagno di squadra che aveva i capelli lunghi, mentre io li avevo corti. E il pubblico che sapeva di una ragazzina in squadra, credeva fosse lui! Per carità, era talmente forte (per farvi capire, fu preso dalla Cattolica Virtus, l’elite del calcio giovanile, nella provincia di Firenze) che mi faceva fare bella figura, non mi lamento di certo! Le partite che giocavo con la squadra di mio fratello, perché capitava che avessero bisogni di rinforzi (e a quanto pare io lo ero, nonostante i due anni di differenza). Mister Bongi che chiamava tutti per cognome, ma io ero Alessandra. Il DLF era la squadra materasso del campionato ma quelli furono i suoi anni d’oro. Se fossi sicura di non dimenticare nessuno, citerei tutti i nomi dei miei compagni di squadra. Ma vi basterà sapere che quel DLF, in un torneo in particolare, fu in grado di battere la Cattolica Virtus e perse dalla Sestese soltanto ai rigori (Sestese, anch’essa elite del calcio fiorentino, seconda solo alla Cattolica). Il mio primissimo goal, come dimenticarlo. Giocavo terzino (Sì, avete letto bene, terzino!!! Ma mister Bongi si rivide subito e mi spostò a centrocampo), campo a sette. Mi ricordo tutti i miei compagni in attacco su un calcio d’angolo, io rimango dietro a protezione della nostra porta. La palla viene rinviata dai difensori e rimbalza verso di me, io ero piuttosto lontana, molto più vicina alla mia porta che alla loro. Mi ricordo i “tira” del mio mister. E tirai. Una di quelle mine, che ti escono solo quando impatti il pallone nel momento giusto, nel punto giusto, con la parte giusta del piede. Insomma, una bomba che andò a insaccarsi nell’angolino in alto a destra. Spalancai le braccia e iniziai a correre tutta contenta. (Anni dopo, vedendo l’aeroplanino di Montella mi chiesi chi aveva copiato chi, nell’esultanza!!). E poi che altro? Le giornate passate a palleggiare in giardino, o a tirare. Mi esercitavo sempre su quello che si faceva in allenamento. Alla faccia dello spirito competitivo! Ce ne sarebbero mille altri, ma non voglio annoiarti. (NB; Qualcuno si sta annoiando? ma nemmeno per sogno!!)
Ho dei bellissimi ricordi di quei primi 4 anni al DLF, e non posso che ringraziare tutti i protagonisti, compagni compresi. Sono stati fantastici e mi hanno accolta benissimo (uno di loro si prese anche una cottarella ;) ).

Mmm..sono stato ragazzo anch'io e se  ben conosco i miei polli gli innamorati saranno stati anche più di uno, è stato solo uno che se ne è fatto accorgere, casomai :-)
Comunque se mi permetti questo tuo  primo intervento resterà nella storia del blog, veramente fantastico!
Poi per te c'è stato il Firenze; hai fatto in viola anche le trafile di giovanili e primavera? I lettori di questo blog saranno molto interessati a questa parte della tua carriera. Quali sono state i momenti, le storie, le emozioni più belle per te in maglia viola?

Devo correggerti. Non ho fatto le giovanili al Firenze, né la primavera. Dopo il DLF sono passata in un’altra squadra maschile della provincia, molto importante. Lo Sporting Arno. Maglie bellissime, a quadri neri e rosa. Anche lì ho avuto un signor allenatore: Mister Adriano Ricci. Mi ricordo che mi diede un quaderno di appunti e di note con tutte le regole scritte della tecnica di base; come si esegue un tiro al volo, per esempio: la posizione della gamba d’appoggio, l’angolo che deve avere il ginocchio della stessa, l’inclinazione del corpo e della schiena, come e quando impattare la palla etc. Ovviamente lo studiai tutto e provai ogni singolo movimento più e più volte. Imparai a tirare di collo pieno, a effetto, di interno, di esterno. Tutto. Ma mister Ricci fece qualcos’altro. Sono mancina pura. E penso che tutti sappiate quanto sia difficile per un mancino usare il piede destro. Il mister mi mise un anno intero sulla fascia destra: dovevo imparare ad usare quel maledetto destro, e così feci. Il libro che mi aveva dato, lo applicai anche per il piede destro e devo dire che non poi posso lamentare del risultato. Si può sempre migliorare ovviamente!
Fu grazie allo Sporting Arno che iniziai a conoscere il mondo del calcio femminile. In primis perché il presidente e la moglie erano molto aperti a riguardo, tanto che nella squadra sopra la mia c’erano altre ragazzine, tra cui le gemelle Gori, che ritrovai pochi anni dopo al Firenze. Poi il mister stesso, mi raccontò di come lui avesse già allenato una squadra femminile, e mi mostrò una foto dove riconobbi subito Carolina Morace. L’unica vera calciatrice che avessi mai sentito nominare fino ad allora. Il mio mister aveva allenato Carolina Morace! E lui stesso mi portò a vedere una partita della nazionale italiana. Purtroppo i ricordi sono confusi. La Morace doveva essere l’allenatrice, in campo nomi come la Panico (l’unico altro nome importante di cui ero a conoscenza). Sognavo di essere lì un giorno, come non farlo?
Durante gli anni dello Sporting Arno fui chiamata nella rappresentativa regionale U15. Avevo 14 anni all’epoca. Vincemmo il torneo delle regioni. Mi ricordo che in finale vincemmo 1-0 e il gol capitò su un mio cross. Mi sembra fosse la Migliorini che segnò, ma non sono certissima, la memoria mi inganna. :) Sugli spalti c’erano tutte le altre squadre delle varie regioni. Un tifo enorme, tanti cori. Avevo 14 anni e mi sembrava di essere in un sogno. Fino ad allora ero abituata ad una quarantina di genitori che gridavano appresso ai figli senza molto senso.

Dopo l’esperienza con lo Sporting Arno, durata tre anni di vittorie di campionati Esordienti, feci un altro anno nel maschile, per poi passare finalmente al femminile. Ebbi una breve parentesi in Serie C (vincemmo il campionato) e poi da lì approdai al Firenze. Il primo anno la squadra era in A2, io non feci la primavera, giocai subito in prima squadra. Vincemmo il campionato e andammo in A1. Il primo anno in A1 ci salvammo, il secondo invece retrocedemmo. Questo è il riassunto, in breve, dei miei tre anni a Firenze. I ricordi e le emozioni sono troppi da poter essere menzionati tutti.
La prima cosa che mi viene in mente è stata la prima chiamata in Nazionale U17. Uno stage di tre giorni a Coverciano. Mi ricordo che l’emozione era talmente forte che mi venne la febbre il giorno della chiamata. Ovviamente se ne andò subito dopo messo piede nel centro sportivo. 
Mi ricordo la mia prima maglia con il nome scritto dietro. Un sogno. Il debutto in serie A1, esordio con goal, a 17 anni. Eravamo a Tavagnacco, perdevamo 2-0. Il mister mi mise dentro e dopo poco segnai. Mi ricordo il compleanno in trasferta a Bardolino, le ragazze mi regalarono un fiore enorme e una bottiglia di vino con tutte le loro dediche. Ce li ho ancora, entrambi. Il vino ovviamente lo bevvi la sera stessa insieme alla mia famiglia. In serie A2 mi ricordo la settimana bianca a Madesimo, mai fatta un’esperienza del genere: mi sentivo parte di un qualcosa. 
Un altro bel ricordo è lo scudetto Primavera. Non solo la finale, ma anche il percorso. Il sabato in prima squadra e la domenica in primavera. Una trasferta particolare, a Tavagnacco. Stavamo perdendo 1-0. Io ero in campo, Ma non c’ero. Nell’intervallo, appena prima di rientrare in campo, Barreca venne vicino a me e mi disse: “vediamo di darci una svegliata”. Ad un certo punto mi arriva una palla al limite dell’area. Il ricordo è ancora vivido nella mia testa. Avevo davanti il difensore e l’unica cosa che riuscivo a pensare era che avrei tirato e segnato. Mi ricordo che il difensore sapeva che ero mancina, mi anticipava sempre. Allora decisi di fintare il tiro a sinistra e andai a destra. Io, al contrario di lei, sapevo di potermi fidare altrettanto del mio piede destro. Le presi quel poco che mi bastava per caricare il destro. Venne fuori un missile che si alzò di pochissimo da terra e viaggiò parallelo al terreno fino a che non si insaccò alle spalle del portiere. Quel goal mi caricò tantissimo. Feci un secondo tempo fantastico. Feci l’assist per il 2-1 nostro andando a recuperare una palla su un fallo laterale e crossandola per la Barreca. Sempre lei. Ero talmente contenta che anche se tornammo a casa alle 2 non volevo andare a letto quella notte.
Lo scudetto poi lo abbiamo vinto sul campo a Gradisca d’Isonzo contro il Torino. 1-0, corner mio, incornata vincente di Patu. Lo scudetto fu poi assegnato al Torino perché una delle nostre giocatrici non avrebbe dovuto giocare. Ma non importa. Le emozioni di quella giornata non ce le toglierà nessuno. La squadra partì in pullman la mattina prima, ma io ero a dare l’orale di maturità. Le raggiunsi la sera in macchina e il giorno dopo giocammo. Mi ricordo che sulla strada del ritorno riscrivemmo “una su un milione” di Alex Britti. Ogni tanto quando la ricanto confondo le parole originali con quelle nostre..
Gli anni a Firenze non sono stati facilissimi, devo dire la verità. I fiorentini non sono noti per la loro accoglienza, sono molto chiusi. E io ero giovane, timida e molto molto introversa. In più, venendo da tantissimi anni di maschile, in cui non avevo mai vissuto lo spogliatoio, per me era tutto un mondo nuovo e non sapevo come dovevo comportarmi. Penso sia stato difficile per me relazionarmi con le mie compagne, e penso che lo sia stato anche per loro nei miei confronti. Ma ora che sono un po’ più matura, so quanto quegli anni siano stati importanti e so quanto ho imparato dalle mie compagne.

Non è mai facile, e credo che per te sia stato difficile ma anche estremamente formativo. In ogni caso voglio ringraziarti per la tua sincerità.
In quel Firenze c'erano già giocatrici importanti come Alia Guagni e Giulia Orlandi, ma chi erano all'epoca le veterane, quelle che magari ora non sono molto ricordate ma che ti hanno insegnato di più a livello sportivo e umano?

Alessandra con la mitica maglia del Firenze


Non mi dilungherò su Alia Guagni e Giulia Orlandi. Sono state, e lo sono tutt’ora, un esempio da seguire.

Vorrei menzionare Serena Patu, era il capitano. Era tutto quello che io non ero, sia in campo che fuori. Da lei ho imparato lo spirito di sacrificio, l’attaccamento alla maglia. Ci ho messo un po’ a crescere da quel punto di vista, ma se lo devo a qualcuno, è certamente lei.

Daria Nannelli (purtroppo scomparsa) è stata un punto forte di quegli anni a Firenze. Aveva sempre una parola di sostegno e un sorriso, per se stessa e per le sue compagne. 

Le gemelle Gori. Quelle che conoscevo meglio, fin dallo Sporting Arno, e che mi hanno aiutato ad integrarmi nello spogliatoio.

Sara Colzi, Elizabeth Spina, Antonella Frediani, Cristina Ugolini sono altre veterane dell’epoca che ricordo sempre con affetto. Mi hanno introdotto ad un calcio diverso, più maturo. Avevano altre esperienze. La Frediani, detta Tone, restava con me a fine allenamento, quando in campo avevano spento anche le luci, per allenarmi sui tiri. Povera!

Simona Parrini, giocava in primavera quando io arrivai al Firenze, poi salì in prima squadra. Stringemmo un’amicizia molto forte.

Alessandra Barreca, mia coetanea, compagna di avventure in squadra e in Nazionale. 

Anita Pozza. Era la massaggiatrice l'ultimo anno. Mi ha dato tante lezioni di vita, neanche lei sa quante.

Gli anni a Firenze, come dicevo, sono stati i più difficili calcisticamente. Non ero molto felice, se devo essere onesta, e sono “scappata”. Quando mi chiamò il Fiammamonza ero contentissima di poter andare via. Più tardi, quando ero maturata sia calcisticamente che come persona, ho avuto modo di guardare indietro. E di capire tante cose, soprattutto quanto avessi imparato e portato con me, anche senza saperlo.

Hai nominato tante calciatrici di grande livello che sarebbe davvero un piacere intervistare  in futuro(con Sara Colzi è già successo, un altro grande onore per il blog) e sono felice per tutto l'affetto che, seppur in un contesto difficile per tua stessa ammissione, tu continui a portare a tutte loro.
Grazie anche per aver ricordato Daria Nannelli, il suo nome è già ricorso nelle interviste precedenti e mi fa sempre piacere, grazie a voi, di contribuire nel mio piccolo a tenerne viva la memoria.
Dopo il Firenze hai passato 5 anni in Lombardia, tra Monza e Milano, e specialmente nel 2011/2012 il tuo score realizzativo è stato di 15 reti (Wikipedia docet) , davvero un bottino importante. Che ci puoi raccontare di questo periodo?

In realtà, se ben ricordo, furono 17 le reti. E furono più di 20 gli assist per i goal delle mie compagne, numero che ricordo molto più volentieri. :)
Sono stati 5 anni importanti, dal punto di vista personale e calcistico. Sono stata allenata da uno dei migliori allenatori del calcio femminile attuale, Antonio Cincotta, quell’anno al Fiammamonza ha fatto cose straordinarie, considerando che l’età media delle ragazze che aveva in squadra era di 17 anni circa: io ero la più “vecchia”, avevo 22 anni. E’ stato capace di tirare fuori il meglio da ognuna di noi, e soprattutto di farci avere coscienza e consapevolezza delle nostre qualità così come dei nostri limiti. In quest’anno mi sono scoperta un leader, un capitano anche senza la fascia al braccio. Sicuramente 
Anche l’anno all’Inter è stato formativo, percepivo come la squadra si affidasse a me nonostante la mia giovane età.

Se c'è un allenatore che crede nel femminile con tutto se stesso quello è proprio Antonio Cincotta, che a livello tecnico ha dimostrato di essere il miglior allenatore in assoluto della serie A.
Dopo sei passata in Sardegna, sponda Atletico Oristano in A2, in anni, vedi anche la Torres, in cui il calcio femminile sardo viveva un periodo importante. Quali sono i più bei ricordi della tua esperienza isolana?

Alessandra all'Oristano


La mia “avventura” in Sardegna è stata breve, sono arrivata da loro a Dicembre. Le intenzioni erano quelle di aiutare la squadra a salvarsi, in quel momento erano nelle ultime posizioni in classifica. Io avevo avuto un “diverbio” con il Fiammamonza per cui non avevo più giocato da più o meno Novembre. Nel frattempo, tramite conoscenze, avevo trovato una squadra maschile (si parla di adulti) amatoriale che mi permetteva di allenarmi con loro. A tutta la squadra (ASD Filighera) e al mister (Luciano Fattoretto) devo un ringraziamento particolare. Mi hanno accettata da subito, e si è creato un bel rapporto di stima reciproca. Sono ancora in contatto con alcuni di loro. Mi hanno permesso di mantenermi in forma in un periodo ovviamente difficile, e al tempo stesso mi hanno aiutato a riguadagnare un po’ di fiducia in me stessa che, data la situazione, avevo un po’ perso.
La chiamata da Oristano è stata inaspettata, ma inutile dire che fu molto apprezzata: il fatto che puntassero su di me (ed altre mie ex compagne del Fiammamonza) per la salvezza è stato uno stimolo importante. Ho un bellissimo ricordo di quei mesi, come non averlo? Non avevano molto, ma lo hanno dato tutto a noi “continentali”, per farci sentire a casa anche quando non lo eravamo. Un esempio? Per il mio compleanno mi fecero una festa a sorpresa, adibirono un’auto officina a sala pranzo, fecero il maialetto, cotto sotto la cenere per un giorno intero. E poi una torta enorme. Una cosa così semplice ma così piena di valore. Il calcio femminile è anche questo in Italia, soprattutto a quell’epoca.

Bellissimi ricordi...da Gigi Riva in poi la terra sarda è davvero un paradiso per i campioni, specialmente se sanno farsi benvolere come sicuramente hai fatto tu.
In questo periodo so che hai provato anche un'esperienza importante, quella del campionato statunitense estivo, nel Seattle dove peraltro hai ritrovato  Antonio Cincotta. Cosa ci puoi raccontare di questo singolare modo di approcciarsi al soccer oltreoceano? la ritieni un'esperienza formativa?

Il primo goal americano di Alessandra col Seattle, su calcio di rigore


In quegli anni ho scoperto il calcio americano. Nell’estate 2012 fui chiamata da una squadra della WPSL (la seconda serie del campionato statunitense, amatoriale ma il più grande al mondo), Issaquah SC, vicino Seattle. Unica italiana in una squadra di americane. Lo definirei un colpo di fortuna. E un sogno che si è realizzato. In quegli anni il calcio femminile americano per noi era un miraggio: raggiungere quei livelli, quella notorietà che le calciatrici avevano. Andavo sul sito di Hope Solo e leggevo dei suoi sponsors: Nike, Samsung, Coca-Cola…per noi era impensabile.





Alessandra in azione sulla west coast

Quell’estate fu fantastica, non solo dal punto di vista calcistico. D’altronde non ero mai stata in America, quindi fu una bella esperienza a 360°. Imparai l’inglese, strinsi un bellissimo rapporto con la famiglia che mi ospitava e che tuttora è la mia seconda famiglia. Mi ricordo che un giornalista di Monza mi chiese di scrivere settimanalmente dei piccoli articoli, una specie di diario settimanale, per raccontare la mia avventura estiva: ma io avevo così tante cose da dire e lui voleva che lo facessi in così poche parole!
Tra le altre cose conobbi Giuseppe Pezzano, un imprenditore italiano che si era trasferito lì. Fu parlando con lui, del sogno americano che avevamo noi calciatrici italiane, che nacque l’idea dell’AC Seattle (oggi OSA FC). E il secondo anno tornai. Questa volta era diverso. Questa volta erano 20 italiane e 5 americane. Abbiamo portato il nostro calcio negli USA, e fu molto apprezzato (anche perché vincente!).


Due bellissime foto di gruppo con l'OSA FC, già Seattle.


Sai Alessandra è difficile per me fare interventi tra una risposta e l'altra, sei talmente completa ed esauriente che posso solo farti un applauso "virtuale" ogni volta...grazie per averci illuminati sul calcio della West Coast.
Mi permetto solo una divagazione cinefila; so che non lontano da Seattle hanno girato il mitico telefilm "Twin peaks" e mi sto facendo il film di te con le tue compagne che visiti i luoghi resi immortali dal capolavoro di Lynch..spero lo abbiate fatto davvero, compresa  una bella colazione a base di pancake con lo sciroppo d'acero!!
Ora ti faccio una domanda più delicata, so che per te il biennio 2013-2015 è stato calcisticamente difficile, te la senti di parlarne?

In quel biennio lasciai il calcio. L’ultimo anno in Italia mi lasciò l’amaro in bocca. Nonostante tutti i sacrifici che avevo fatto fino a quel momento, nonostante tutti gli sforzi, non mi sentivo ripagata. Ero giovane, avrei potuto fare tanto altro, ma purtroppo le mie priorità erano diventate altre. Se il calcio non mi divertiva più e tanto meno mi dava da mangiare, allora non aveva senso continuare. All’epoca pensavo di aver chiuso una porta, che non avrei mai rivisto un campo da calcio, tanta era la delusione. Ma mi sbagliavo. Per fortuna!

Per fortuna davvero, tua e nostra!
Dal 2015 in poi accetti infatti di giocare nel neonato Florentia, società nata dalla dissoluzione del vecchio Firenze, con una parte delle calciatrici che continueranno a militare in viola con la Fiorentina e altre che invece andranno a formate la squadra biancorossa. Come è stato fare parte di una formazione al suo primo anno di esistenza? immagino tu abbia sentito tutto il fascino di una bella novità. Quali sono i momenti che vuoi ricordare di questi quattro anni?

Momenti di gloria con Florentia


In quel periodo, si parla della primavera del 2015 circa, lavoravo come cuoca in una gastronomia. Il proprietario era conoscente di Biagio Mangiagli. Un giorno questo signore entrò in negozio (io ero nel retro, in cucina) e cominciò ad aggiornare il mio allora capo sulle ultima novità, tra cui la sua collaborazione con un giovane imprenditore che era intenzionato a creare una squadra di calcio. Mi ricordo che subito il mio capo urlò il mio nome, per chiamarmi e dirmi che mi sarei dovuta occupare di un cliente. Biagio mi raccontò tutto sul presidente e sulle sue intenzioni. Io gli risposi a tono: il tuo presidente deve essere proprio pazzo per immischiarsi nel calcio femminile. Ma Biagio non si arrese, continuava a parlare e a parlare fino a che gli dissi che forse potevo essere interessata a collaborare come dirigente. (Attenzione, dirigente, non giocatrice!). Negli ultimi due anni avevo lavorato come Manager proprio in quella squadra americana, per cui avevo imparato tante cose, avevo esperienza anche di un altro calcio. E d’altronde, qualche anno di calcio lo avevo vissuto.
Biagio mi chiese il mio curriculum e ne rimase molto colpito, per cui mi disse che saremmo rimasti in contatto perché gli avrebbe fatto molto piacere avermi in società. Quell’estate 2015 andai in America, sempre per seguire il campionato di OSA FC. Ripresi ad allenarmi con le ragazze, piano piano. La chiacchierata con Biagio aveva mosso qualcosa dentro di me. Dopo i tre mesi passati in America chiamai Biagio: “ciao, posso venire ogni tanto ad allenarmi con la squadra? Così, giusto per tirare due calci al pallone”. “Certo, gli allenamenti cominciano a Settembre”. A Ottobre ero il capitano.


In azione con la maglia del Florentia.

Del Florentia ho tanti bei ricordi. Ma anche qualcuno poco bello. Di nuovo, posso constatare quanto io sia cresciuta in quei quattro anni. Mi porto dietro le iniziali incomprensioni con le mie compagne, che dopo qualche tempo penso abbiano cominciato a capirmi e a vedermi sotto un altro punto di vista. Mi porto dietro i grandi successi, il triplete, 3 promozioni in 3 anni, i riconoscimenti, le amicizie che sono nate, i goal (quelli belli, quelli importanti, quelli “stupidi”), le rivalità con certe squadre, i record (mi fermo, ma potrei continuare all’infinito). Nuove opportunità, nuove conoscenze e nuovi legami. Mi porto dietro anche qualche delusione, l’essere stata messa da parte (io ma non solo), la mancanza di riconoscenza e di rispetto. 
Ma do ai quattro anni al Florentia il merito di aver contribuito alla persona e alla calciatrice che sono oggi. E penso che questo sia più importante di ogni altra cosa.

Una radiosa Alessandra sempre in biancorosso.


E io ancora ti ringrazio per il cuore che metti nelle tue risposte.
Prima di arrivare al presente, chiederti qual è la rete che consideri la  tua più bella, o la più importante, quella a cui ripensi quando chiudi gli occhi? ti va di raccontarcela in dettaglio?

Mi è difficile rispondere a questa domanda. Ci sono state molte reti belle e magari non importanti. Ce ne sono state molte che invece erano importanti ma non belle. Quindi racconterò della prima che mi viene in mente. Un goal importante, in una partita ancora più importante, sotto ogni punto di vista. Non ricordo che giorno fosse, in termini di numeri (il che potrebbe essere imbarazzante ad un primo impatto, ma in realtà non è fondamentale per me che non sono poi così legata alle date). Una domenica, siamo a Pescara, è lo spareggio Florentia - Roma, per salire in Serie A. La tribuna è bianco rossa per la maggior parte. Il tifo è assordante (dettaglio che non ricordo, ma di cui sono consapevole grazie ai video che sono stati pubblicati successivamente). Giornata intensa, quella classica tensione delle partite o dentro o fuori. (Ci sarebbe stata la possibilità di un secondo spareggio, se avessimo perso quel primo, ma onestamente, chi avrebbe mai voluto dover giocare un’altra partita del genere???). Quella tensione che puoi leggere sul viso di ogni tua compagna di squadra, non ci sono sorrisi, gli sguardi sono seri, concentrati, duri. Insomma, avete capito il concetto.
La mia rete succede in un qualche momento del primo tempo. Un cross in area, un rimpallo, la palla che rimane lì, nell’area piccola. E io, di destro, al volo (io che sono mancina), la scaravento in porta, con tutta la forza che ho, un po’ alla Holly e Benji, come se quel pallone debba trascinare in porta e, con lui, anche chiunque si metta sulla traiettoria.
La partita finì 3-0. Ma quel goal ruppe la tensione, in campo e sugli spalti. Quel goal diede ancora più forza a tutta la squadra che già stava facendo bene, ma che si vedeva era ancora contratta. 

Sei la prima attaccante in attività che ho il piacere di intervistare, parlaci delle tue dirette antagoniste; i portieri. Quali sono state le più difficili in assoluto da trafiggere, quelle che puntualmente ti negavano la gioia del goal e che poi è stato appagante riuscire a trafiggere? 

Questa è una domanda a cui non saprei rispondere. Per quanto mi piaccia segnare, trovo più soddisfacente creare l’occasione per le mie compagne, e quindi fare assist. Pertanto non ricordo di sfide particolari, definiamole così, con qualche portiere.
Ripensando però alla domanda, mi viene in mente una particolare partita: giocavo ad Oristano e ci fu questa partita, contro il Castelfranco, mi ricordo che il portiere le prendeva tutte. Avevamo fatto un goal nel primo tempo quasi per caso (proprio su un suo errore in effetti). Ma non c’era stato verso di segnarle. Ho dovuto tirare fuori il meglio del mio mancino. Una punizione da fuori area, che in realtà era più adatta ad un destro, vista la posizione. Ma decisi di tirarla io. Dovetti centrare l’angolo in alto a destra del portiere per segnare. E nonostante quello, lei era riuscita a sfiorare la palla! Impressionante!

 E qui ho una sorpresa per te; se si parla di Castelfranco si parla anche di Alessandro Pistolesi, vera enciclopedia vivente del calcio femminile che si ricorda veramente di tutto, quindi non ho resistito e ho contattato subito Alessandro che (ovviamente) si ricordava benissimo questa partita, e indovina chi era quel portiere impressionante!? una giovanissima...RACHELE BALDI!! E ci credo che era forte!

Veniamo adesso al tuo presente, il Napoli femminile, che stai contribuendo a portare in serie A con un campionato dove siete le protagoniste indiscusse. Che squadra hai trovato all'ombra del Vesuvio, e come vi vive la città?

Nella nuova avventura Napoletana

Avevo bisogno di un cambiamento dopo l’ultimo anno al Florentia. Il Napoli è venuto in mio soccorso, per così dire. Ero a giocare in America quando Gianni d’Ingeo mi chiamò parlandomi di questa realtà, del Presidente e dei grandi progetti. Onestamente ero scettica, quando all’inizio il mio agente mi disse che mi volevano a Napoli. Considerando poi che avrei desiderato andare all’estero, insomma non era proprio ciò che stavo cercando. Ma dopo la telefonata con Gianni avevo cambiato idea, le prospettive che mi aveva delineato erano interessanti. D’altronde, ho sempre giocato per passione e divertimento, cercando un progetto da portare avanti (come infatti era stato il Florentia). 
Napoli è una bellissima città, le persone lo sono ancora di più. Sono ospitali, sono accoglienti e ti danno tutto. Quando sono arrivata ad Agosto, più di metà squadra veniva da fuori regione, ma dopo il ritiro parlavamo già tutte in napoletano!
Nonostante sia a Napoli ormai già da qualche mese, e nonostante l’abbia girata in lungo e in largo tanto da conoscere alcuni dei punti "strategici", so che ho ancora molto da scoprire. In tutti i sensi. E per questo non vedo l’ora che arrivi la prossima stagione.

Ti faccio una piccola promessa che spero di poter mantenere; appena torniamo alla normalità vengo a Napoli e se si può provo a venire a vedere un allenamento e a salutarti, così ne approfitto e mi dai qualche dritta sui punti strategici, magari anche su qualche pizzeria che ancora non ho provato.
Tornando a noi e al Linari Day, sono rimasto colpito soprattutto dal presidente Raffaele "Lello" Carlino. Mentre ascoltavo il suo intevento, uno dei migliori della serata, ho pensato subito che fosse un grande sognatore, uno di quei visionari (ma coi piedi ben piantati per terra) che possono rendere grande il calcio femminile; cosa ci puoi dire di lui e del suo progetto?

Il presidente Carlino è come l’hai visto, come lo vedono tutti. Un personaggio direi io. Un sognatore, un appassionato di calcio e non solo. Come tutti i napoletani che ho conosciuto finora, quello che fa lo fa con il cuore. Un buon rapporto professionale è alla base ovviamente, ma per lui è anche molto importante l’aspetto umano. Non solo nel calcio, ma anche nelle sue aziende.
Quello del Napoli Femminile è un bellissimo progetto, ambizioso ma accorto e attento a tutti i dettagli. Non si tratta solo di creare una squadra che possa competere sul campo contro la Juventus (Per dirne una eh 😂), ma una società intera: che possa continuare negli anni, che possa essere un ambiente di lavoro adatto per i professionisti (perché lui spera sempre nel professionismo!), che dia una “casa” a tutte le bambine che sognano di giocare questo sport.
Cerca di darci tutto e ancora di più. Ci sono alcune cose che vanno migliorate, come è normale che sia in una squadra in crescita (ma questo lui lo sa, gliel’ho già detto ahah), ma il pres ha tanta voglia di fare!



Bene, le tue conferme mi fanno piacere e aumentano la mia stima per lui. Mi ricordo tra l'altro di quando fece praticamente un'offerta "in diretta" alla DS dell'Atletico Madrid per portare a Napoli Elena Linari! Ma ovviamente scherzava...forse.
E' un momento difficile e dominato dall'incertezza, ma pensiamo positivo, anno prossimo Napoli in serie A, trasferta a Firenze; cosa proverai?

Al momento di trasferte a Firenze da ex ce ne sarebbero addirittura due! Beh, la prima cosa è chiedere il permesso di poter rimanere a Firenze e non tornare con la squadra, così posso rivedere amici e parenti!!
Battute a parte, non saprei proprio. Sarà sicuramente un misto di emozioni e ricordi, forse sarà più difficile trovare la concentrazione, ma una volta che scendi in campo, l’avversario è l’avversario, non ti interessa il colore della maglia. Ti interessa la tattica, i punti forti, i punti deboli.

Sai, io ancora non so come farò a tifarvi contro al Bozzi...probabilmente non esulterò a eventuali goal viola come fanno gli attaccanti che segnano alle ex squadre, mi piace troppo questo Napoli calcio...ma è un "problema" che spero di avere prestissimo.Per finire, cosa ti auguri per il futuro del movimento? Quali obiettivi, secondo te, sono realisticamente alla portata?

A questa domanda risposto come ho sempre fatto: spero che il calcio femminile possa diventare “normale”, nel panorama sportivo italiano. Che le bambine possano avvicinarsi allo sport senza timore di essere giudicate. Spero che si possa arrivare al professionismo, che si abbiano tutele, che quando si compila un modulo e viene chiesto il lavoro, si possa finalmente rispondere: la calciatrice.
Ma soprattutto, spero che si possa avere tutto questo senza mai perdere la passione e i valori che ci contraddistinguono.
Quali sono gli obiettivi alla portata? Al giorno d’oggi non lo so più. La situazione sanitaria ha scombussolato i piani. Non voglio entrare nei dettagli, ci sono tante cose che potrei dire, ma non mi sembra questo né il luogo né il momento
Ritengo che stiamo attraversando un momento difficile, in quanto italiani e cittadini di questo mondo, e come ne usciremo non possiamo saperlo: però ho fiducia che ne verrà fuori qualcosa di positivo e importante, anche per tutto il movimento del calcio femminile.

Una pensierosa e determinata Alessandra vi da appuntamento sui campi da gioco (e con questo Napoli, cari tifosi viola, so' ca..pperi nostri).


Sono pienamente d'accordo con la tua riflessione, credo che se il calcio femminile uscirà forse malconcio ma anche rafforzato da questa prova durissima potrà poi essere considerato con ancora più rispetto dalla gente, specialmente da quei poveretti che ancora nel 2020 denigrano il movimento e voi calciatrici.
Che dire Alessandra? sono "arrabbiato" con te...perchè l'intervista è finita. Sarei stato ore a leggerti ancora, avrei voluto avere il doppio, il triplo del materiale da curare. La tua testimonianza è riuscita a essere divertente, elegante, generosa e toccante al tempo stesso, e condita con robuste dosi di sincerità a muso duro; insomma, in poche parole...è sembrato di vederti in campo.
Hai regalato a questo blog una intervista davvero meravigliosa, e te ne sarò sempre grato. Forza Napoli, e forza Alessandra Nencioni, che tanto hai dato, dai e darai al calcio femminile, e non solo sul terreno di gioco.

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