mercoledì 6 maggio 2020

LE INTERVISTE IN VIOLAROSA; ALICE E GINEVRA VALGIMIGLI.



Cari lettrici e cari lettori,

credo che poche interviste faranno breccia nei cuori dei tifosi di calcio femminile fiorentino  come questa a due ragazze ricordate sempre con affetto e simpatia dai tifosi più di lungo corso, quelli che hanno avuto la fortuna (io purtroppo non sono tra questi..) di seguire l'epopea del vecchio Firenze 1979 ancora tanto ricordato e amato, e il travolgente inizio della storia della Florentia.

Alice e Ginevra; trovate le differenze..


Quando un paio di settimane fa con un post su uno dei gruppi viola ho buttato li la proposta del mio progetto e vi ho chiesto qualche nome della storia del Firenze, subito mi avete detto, tra le altre, Alice e Ginevra Valgimigli, anzi le gemelle. Io ho dichiarato, essendo appassionatissimo della materia ma a livello "storico" poco più di uno scolaretto, di non sapere bene chi fossero, e mi sono preso una bella ramanzina, riassunta in un sonoro "Studia!!".
Quindi, visto i  più esperti tra di noi hanno fatto il loro nome, ho cercato subito di contattarle, e grazie alla gentilezza squisita che hanno dimostrato accettando subito sulla fiducia, e alla grande voglia di raccontare e raccontarsi ne è nata una intervista doppia, la prima di questo progetto, che rimarrà memorabile per i tifosi del Firenze, che poi sono quelli che ha ereditato pari pari la nostra Fiorentina Women's.

Quello che mi è arrivato leggendo è che Alice e Ginevra non sono solo due sorelle, ma anche due grandi amiche (e non è così automatico...) che vanno in sintonia, che a volte condividono i medesimi ricordi da due punti di vista differenti che rende ancora più piacevole la lettura, e infine un grande, sconfinato amore per il loro Firenze (e per le altre società in cui hanno militato e militano) e per il calcio tutto.

Tra i ringraziamenti una menzione d'onore a Ginevra che pur lavorando come infermiera, uno dei ruoli più difficili da sostenere soprattutto adesso, nonostante tutto ha trovato il tempo di rispondermi in pochissimi giorni, e queste per me sono le cose davvero belle e gratificanti.

 Ma ora a bordo signori e signori, preparatevi a rivivere la storia recente de calcio fiorentino e toscano in compagnia di Alice e Ginevra, anzi scusate... LE GEMELLE!!;


Innanzitutto vi va di presentarvi brevemente, giusto per i più distratti? 


ALICE; Mi chiamo Alice Valgimigli, e sono la gemella di Ginevra; i più affezionati al Firenze ci ricordano come “le gemelle”.



GINEVRA; Mi presento: mi chiamo Ginevra, sono di Firenze, ho 26 anni, sono un’infermiera e gioco a calcio.



Purtroppo non ho potuto vedere nessuna partita del Firenze, ma come detto sopra siete ricordate con grande affetto da coloro che hanno avuto la fortuna di esserci, e la vostra storia è una delle più belle da raccontare. Che cos'era per voi il Firenze? quanti anni ci avete giocato? 

ALICE; Essere ricordate con tanto affetto penso sia la vittoria più bella, perché comunque significa aver lasciato un qualcosa alle persone, forse non solo su campo calcistico ma anche in ambito umano. Avevo 10 anni quando sono arrivata al Firenze e me ne sono andata col cuore che piangeva a 22 anni: ci ho fatto tutta la trafila, dalla categoria “pulcine” fino alla serie A, insomma tutto ciò che potevo.
Cos’era per me il Firenze? Beh il Firenze per me era casa, era famiglia, era insegnamenti e divertimento: era tutto ciò che una bambina che cresce potesse desiderare. Devo tanto, se non tutto al Firenze, a tutte le persone che hanno contribuito a rendere indimenticabile questo viaggio: dalle giocatrici che sono passate, ai dirigenti, agli allenatori, perché ognuno ha lasciato qualcosa dentro di me, positivo o negativo che sia. Il Firenze però era famiglia grazie a tre figure fondamentali: Andrea Guagni, il presidente, un babbo per tutte, l’abbraccio che ti scalda e la brontolata che ti sprona, ed i sacrifici che ha fatto per questa società sono infiniti ma sono sicura che per lui ne sono valsi la pena perché tutto ciò che voleva era vedere le sue calciatrici felici, e lo eravamo eccome; Luciano Bagni (Lucio) figura onnipresente in ogni veste, dal farci trovare il campo pronto per gli allenamenti, a svuotare il magazzino per cercare anche solo un calzettone che avevamo dimenticato a casa (e ha sempre trovato tutto, anche l’impossibile); e per ultima, ma non ultima, la Manola, di figlie ne aveva due ma in quegli anni sono diventate mille: tutte eravamo sue figlie, ci teneva aperto il bar (che inizialmente era una stanza dove ciò che prendevi ti veniva dato dalla finestra) fino ad orari improponibili, e sapere che finito allenamento o al rientro da una trasferta lei era lì pronta ad esaudire i nostri bisogni di fame o sete era una manna dal cielo. 


Prima di tante foto di gruppo, divertitevi a riconoscere le ragazze


GINEVRA Il Firenze … Quante emozioni anche solo a pensarci!
È stata la mia casa per 12 lunghi (e unici) anni. Sono arrivata al Firenze che ero una bambina di quasi 10 anni, e ci siamo divisi con il nodo alla gola e il cuore spezzato quando ormai di anni ne avevo 22, quando ormai la bambina che ero era cresciuta, e con me parallelamente anche la società stava avendo una grande ascesa culminata proprio quell’anno con l’entrata in scena della Fiorentina.
Spiegare cosa sia stato e cosa è ancora tutt’ora per me il Firenze è una delle cose più difficili, perché le parole mai riusciranno a dare il vero valore che si merita. Il Firenze mi ha fatto scoprire la passione per il calcio, mi ha fatto capire cosa significa far parte di un gruppo e quanto questo sia importante, cosa vuol dire avere una società seria alle spalle che veramente non ci faceva mancare mai niente, mi ha insegnato il coraggio e la forza di non mollare mai, di credere nei sogni, mi ha fatto vivere sulla mia pelle il famoso “attaccamento alla maglia”. Il Firenze mi ha preso la mano quando ho iniziato a tirare i primi calci ad un pallone, e ci siamo tenuti stretti fino all’ultimo.
Il Firenze è stato una casa e una famiglia, è stato vittorie e sconfitte, sorrisi e pianti, trionfi e insegnamenti. Per me sarà per sempre uno dei miei posti preferiti, ed essere ricordata da chi ha avuto la fortuna di farne parte con tanto affetto è per me motivo di grande orgoglio.
Un’ultima cosa, perché se penso al Firenze non posso non pensare a loro, gli artefici fondamentali di questa “isola felice” : Luciano Bagni (Lucio), il tuttofare di San Marcellino, il salvatore di tutte quando agli allenamenti ci dimenticavamo qualcosa a casa, un brontolone dal cuore grande; la Manola, che non si è mai persa una partita, e non importa che minuto della gara fosse, se guardavi la rete lei era sempre lì, al suo posto davanti al bar, che incitava tutte; e per ultimo ma non meno importante Andrea Guagni, il presidente, ma in realtà un babbo per tutte, costantemente dalla nostra parte e sempre pronto all’impossibile per noi. È stato un onore …




E credo che queste persone, se mai leggeranno questa intervista (Andrea di sicuro,visto che ha la bontà di seguirmi sempre) avranno davvero piacere di essere così ben ricordate.
Alice, hai scelto di giocare portiere fin da subito? o prima hai provato altri ruoli? Invece tu Ginevra, sei stata fin da subito in difesa o ti sei adattata al ruolo? 

ALICE; Ahahah per quel che riguarda la scelta del ruolo, se ci ripenso ancora ci rido. Inizialmente giocavo terzino, e nel momento in cui sull’altra fascia c’era una uguale a me (Ginevra) gli attaccanti entravano in crisi, e già era abbastanza divertente. Mi ricordo che un anno in cui non avevamo portiere il mister (Mario Nicoli) ci chiese se fossimo state disponibili a giocare una partita per uno in porta, e ovviamente accettammo tutte perché l’alternativa sarebbe stata quella di non disputare il campionato. Quindi niente, la settimana della prima partita ebbi qualche dolorino e dissi al mister “non sto bene, vado io in porta”. Bene quella partita andò così bene, ed io stessa mi ero così tanto divertita che quando la settimana seguente vi fu la domanda “domenica chi vuole giocare in porta?” e quindi a quel punto io stessa esclamai “Mister, ci rimango io in porta, mi sono divertita, tanto non ci vuole andare nessuno”. Ammetto che qualche volta mi sono pentita di quella frase, anche anni dopo, ma con razionalità dico invece che è la scelta più saggia io abbia potuto fare, anche perché ero troppo fuori di testa per un ruolo normale.



GINEVRA; Ho fatto sempre il difensore. Mi ricordo ancora quando eravamo nelle pulcine, prima che mia sorella andasse in porta, Mister Nicoli si divertiva a farci giocare una terzino destro e l’altra terzino sinistro. Poi, quando ce n’è stato bisogno ho fatto anche il centrale di difesa. Ma insomma, terzino o centrale che fosse, ho giocato da sempre in difesa.

Sopra e in questa foto, Alice e Ginevra in azione


Il vostro Mister contava quindi sull'effetto "Doppelganger" , molto ingegnoso da parte sua!! Quali sono i vostri momenti più belli a livello individuale? 

ALICE; A livello individuale senza dubbio la parata del rigore ad Annalisa Favole (Torino) che ci ha permesso di vincere lo scudetto Primavera.

 

PRESA!!!!!(si ringrazia nonno Mario Fusini per la gentile concessione)


GINEVRA; A livello individuale .. Sai che non so rispondere ? Sono un po’ particolare, ho sempre vissuto il calcio come gruppo e squadra, ho sempre avuto una visione al plurale e mai al singolare.


Raccontate a noi tifosi l'emozione della vittoria del campionato primavera con l'ACF Firenze, qualche istantanea che vi rimarrà sempre nel cuore. 



ALICE; Beh della vittoria del campionato primavera non mi è rimasta qualche istantanea, penso di poter ripercorrere con la mente tutta l’annata non dimenticando neanche un dettaglio. L’anno della vittoria del campionato primavera eravamo una squadra amalgamata e forte, tanto che mi ricordo che in tanti si sorprendevano dicendo “una primavera così forte non si era mai vista”. La consapevolezza che quell’anno potevamo veramente far bene ci arrivò a marzo, torneo Arco di Trento, e in semifinale affrontavamo la “corazzata” per eccellenza della primavera, il Torino. In quella semifinale, incredule anche, riuscimmo a vincere: Razzolini decapitò in rete in pallone che non voleva entrare, 1-0 per noi, attuato un piano difensivo perfetto e la partita la portammo a casa. Ricordo lo spogliatoio del post partita, Mario Cioni, nostro allenatore di quell’anno i guardò negli occhi sorridendo e disse “ora vinciamo questo torneo, poi vinciamo anche la scudetto a giugno”. Finale contro il Brescia, uno ne ho parato, le mie compagne non hanno sbagliato, abbiam vinto. Ricordo ancora che in tanti ci ripetevano “tanto chi vince Arco non viene mai lo Scudetto lo stesso anno”. Arrivò così quel benedetto 16 giugno 2013, finale scudetto primavera, un’altra volta Firenze-Torino, il che voleva dire solo una cosa: o ci confermavamo superiori o ciò che avevamo fatto fino a quel momento era stato vano. 0-0 al termine dei tempi regolamentari, eravamo tutte le 22 in campo stremate: giocare a giugno all’ora di pranzo (le una) non fu una bella scelta. Calci di rigore, toccava anche a me. Ricordo mia sorella venirmi incontro al triplice fischio e dirmi “l’importante è che stai tranquilla” ma io ero felice, ero stata fuori dai campi da inizio maggio per un intervento chirurgico e quella sarebbe stata la mia rivincita personale perché avevo accelerato tutto solo per quella partita: mi allenai coi punti dell’operazione, e giocai quella partita dopo aver tolto gli ultimi 3 punti mezz’ora prima di partire per la finale. Ricordo il mister che senza neanche guardarmi disse “tanto ragazze tranquille, l’Ali li para che ce lo ha dimostrato e lo sa fare, noi non sbagliamo, e ci prendiamo il nostro scudetto”, mentre poi andavo verso la porta mi chiama e mi dice “è il tuo momento, lo puoi fare”. I primi due rigori del Torino andarono alle stelle, sopra la traversa, noi non sbagliamo, terzo rigore, Annalisa Favole, talento di quegli anni, nazionale, aveva tutto il palmares dalla sua parte: fischio, rincorsa, tiro, parata. Non guardai il rigore successivo, ero di spalle, e mi ricordo una signora della federazione davanti a me dirmi “perché non lo guardi?” la risposta fu chiara “tanto segna e vinciamo comunque”, e così è stato. L’emozione ancora oggi non riesco a spiegarla, i ricordi sono nitidi, ma è stata l’emozione più grande, il coronamento di un’annata speciale. Erano tutti lì con noi, i nostri genitori coi fumogeni viola, e le ragazze della prima squadra che erano venute per noi fino a Ravenna. Una giornata indimenticabile, una partita indimenticabile, un’euforia che non passava, volevamo festeggiare per giorni interi ma in tante eravamo coetanee ed era domenica 16: lunedì 17 ci aspettavano in classe per la prima prova della maturità.




GINEVRA; Da dove inizio ? 
E’ stata una delle emozioni più forti di sempre, quelle che realizzi solo dopo e a mente fredda perché ti scombussola dentro.
Era la stagione 2012-2013, anche quell’anno arriviamo in finale al campionato nazionale primavera, e anche quell’anno (come quello prima) il nostro avversario è il temibile Torino. 
Ormai con le granata era una “battaglia” che durava da tempo: l’anno prima, sempre in finale scudetto primavera, in casa loro ci sconfissero per 4-2 mandando il nostro sogno in frantumi; a marzo, al torneo Beppe Viola di Arco di Trento ci scontrammo subito in semifinale, 1-0 per noi (con un gol molto fortuito, ma la nostra voglia di vincere era più forte della loro bravura), ricordo ancora qualcuno che a fine partita mi disse “Chi vince Arco non vince il campionato” … 
Cervia, 16 giugno 2013, finale scudetto Primavera. Di quel giorno non ho istantanee, mi ricordo ogni secondo come se fosse ora: dalla sera prima con Ilaria Borghesi che non riuscivamo a dormire dalla tensione, alle gambe che tremano e la musica alta nelle orecchie quando arriviamo al campo, i nostri abbracci prima dell’inizio della partita. Ogni dettaglio sarà sempre vivo.
Ricordo che faceva un gran caldo, le tribune erano gremite, i fumogeni all’entrata sul terreno di gioco simulavano veramente la sensazione di trovarsi in uno stadio.
Fine dei tempi regolamentari, il risultato segna 0-0, partita equilibrata, il troppo caldo non aveva fatto esprimere al meglio nessuna delle due. Andiamo ai rigori …
Ricordo che incitai tutte, ma corsi subito veloce da mia sorella in porta. L’abbracciai forte, come se volessi toglierle tutta l’ansia che in quel momento i suoi occhi manifestavano, presi un elastico, le feci un crocchino in testa e le dissi “l’importante è che stai tranquilla”, un po’ come Mister Cioni (e che mister!) in panchina a fine partita aveva esclamato “Tranquille, l’Ali para i rigori, se noi non sbagliamo vinciamo”. Perché eravamo così tranquilli per i rigori? A marzo avevamo vinto Arco di Treno battendo il Brescia ai rigori, e Ali ne parò 2. Poi quello era il suo anno: dopo il torneo di Arco subì un intervento chirurgico, saltò quarti di finale e semifinali, e nel frattempo cercava di allenarsi con i punti ancora freschi per non saltare la finale. Il suo sacrificio (e anche il suo dolore) stavano per essere ripagati ..
Calci di rigore, tensione alle stelle. I primi due rigori del Torino vanno alle stelle, noi non sbagliamo; al terzo ci mette lo zampino anche l’Ali e lo para a una delle migliori granata, il nostro successivo è impeccabile. Ricordo che mentre la palla andava in rete noi ci guardavamo ed eravamo tutte incredule: eravamo Campionesse d’Italia! 
Avremo voluto festeggiare all’infinito, ma la realtà è che poco dopo i pulmini ripartirono per tornare a Firenze: il giorno dopo per la maggior parte di noi c’era la prima prova dell’esame di maturità
Certe sensazioni non si possono spiegare, si vivono e poi ci si portano dentro per sempre..



Fantastico....ci avete riportato con voi indietro nel tempo riuscendo davvero a regalarci dei lampi della vostra gioia di allora...che bello quello che abbiamo appena letto.

Quali sono le compagne più forti con le quali avete giocato? 


ALICE; Personalmente mi trovavo sempre circondata dalle persone che secondo me erano le più forti. Una su tutte direi però Alia Guagni. Era una sicurezza in tutti i ruoli, così tanto che se una partita si metteva male gli ultimi minuti da difensore si trasformava in attaccante. San Marcellino non si dimenticherà mai i suoi “coast to coast” e tutte le volte che partiva palla al piede e si faceva tutta la fascia. Alia è sempre stata Alia.

In questa foto una vera leggenda di Firenze...e Alia Guagni (No dai, si scherza eh!!)


GINEVRA; Ho avuto la fortuna di giocare con giocatrici come Alia Guagni, Giulia Orlandi ed Elena Linari. 
Le compagne più forti non solo calcisticamente, ma anche dal lato umano. Sono stata tanto fortunata.


E quali sono state invece le avversarie più temibili? Alice, quale attaccante ti ha impensierito di più? e Ginevra, chi era la giocatrice peggiore da contenere? 

ALICE; Avversarie più temibili contro le quali ho avuto il piacere e l’onore di giocare direi Patrizia Caccamo e Patrizia Panico. Mi ricordo un Firenze-Riviera di Romagna con Caccamo appunto che ci fece impazzire, aveva un dribbling impressionante e una velocità tecnica superiore a tante: fermarla in modo pulito era dura. In quella partita infatti segnò: driblò anche me medesima. Patrizia Panico penso non abbia bisogno di spiegazioni.

GINEVRA; Mi ricordo che erano i primi anni di Primavera, ed eravamo la squadra più giovane del campionato. A livello Nazionale ci scontrammo con la Roma, squadra molto organizzata con la maggior parte delle giocatrici che facevano parte della prima squadra. Noi non eravamo neanche maggiorenni.
Pamela Gueli e Ilaria Marchese mi fecero perdere così tanto la testa che ancora me le ricordo come fosse ieri …
Ovviamente poi, la più temibile è stata la stessa Alia Guagni con le sue cavalcate nelle partitelle del mercoledì tra prima squadra e primavera, ma facevamo tutte parte della stessa famiglia, non l’ho mai vista come un’avversaria!


Avete qualche aneddoto divertente o toccante durante i vostri anni in viola? 


ALICE; In 12 anni di aneddoti ce ne sono stati tanti, divertenti o meno, uno su tutti lo ricordo col sorriso. Nel Firenze avevamo come tradizione la partita tra primavera e prima squadra ogni mercoledì, soprattutto durante la contemporanea guida Fattori-Cioni. In quegli anni eravamo la primavera dello scudetto, eravamo forti, e se la prima squadra con noi aveva sempre avuto “vita facile” in quegli anni si dette molto filo da torcere. Il fatto è che poteva succedere che la prima squadra non riuscisse a segnare, e che noi primavera ci difendevamo bene (attaccando anche ovvio, non abbiamo mai fatto muraglia cinese) ecco, in quelle occasioni le partite potevano durare tutta la notte: finché la prima squadra non vinceva la partita non finiva, e ammetto che noi ragazze in campo, a differenza degli allenatori fuori, ne ridevamo spesso di questa cosa. Ce ne sarebbero tanti altri come la mia ammonizione a Capo d’Orlando scoperta dal mister (Francesco Ciolli) solo il giorno dopo (fortunatamente), o le risate della panchina quando dovetti fare il mio esordio in prima squadra (Eleonora Binazzi ed Eleonora Benucci ancora ridono). 

Di aneddoto toccante c’è senz’altro l’addio alla sua squadra di Mario Nicoli: ci portò dalla categoria pulcine fino alla primavera, poi all’addio di Ciolli alla prima squadra prese il suo posto. Mi ricordo che lasciò un gruppo di ragazzine in lacrime, perché erano anni che eravamo insieme: fu un allenamento esclusivamente di pianto generale, così come alcuni allenamenti dopo, perché chi più e chi meno, non accettava l’idea di non averlo più come allenatore (era una famiglia, proprio così).



GINEVRA; Il mio ultimo anno al Firenze sarà impossibile dimenticarlo. Era l’ultima partita del campionato regionale (e senza saperlo anche la mia ultima partita in primavera), eravamo già matematicamente passate alla fase Nazionale, ma durante uno scontro di gioco riportai la frattura del malleolo e dei legamenti. Il dolore lasciò posto alla disperazione.
Non avevo paura, o forse non volevo averla, la leggevo negli occhi di ogni mia compagna, e io proprio per loro volevo rimanere forte.
 La vera forza del gruppo l’ho scoperta quando mi hanno ricoverata, non mi sono mai svegliata la mattina senza un loro messaggio, e non andavo mai a dormire la sera senza aver visto alcune di loro venirmi a trovare durante la giornata. Non ero da sola a volermi rialzare, tutte facevano il tifo per me.
Dopo 3 settimane e un’operazione partiva la Coppa Toscana, non sapevo quanto tempo avrei resistito, ma dovevo e volevo andare da loro. Entrarono semplicemente in campo con uno striscione per me, mi aspettavano, e io in quel momento non mi sono mai sentita così tanto forte. Mi avevano dato tutta la carica per tornare, rialzarmi e ricominciare. 
Quell’anno se seguii ovunque con la mia caviglia mal ridotta e le mie due stampelle che ormai erano diventate amiche inseparabili. Quell’anno arrivammo di nuovo in finale Nazionale, ma questa volta la Roma ebbe la meglio … Ricordo che ci furono tanti pianti quanti abbracci, non tanto perché era finito l’anno e non eravamo campionesse, ma perché eravamo coscienti che era un po’ la fine di tutto, di quel gruppo, quel “noi”, di quella famiglia a cui tutte avevamo sempre creduto.
Credetemi, negli anni della nostra “magica primavera” c’erano molte squadre forti e attrezzate, ma noi eravamo imbattibili semplicemente perché avevamo un gruppo invincibile, e questo ha sempre fatto la differenza!
E quindi così ci siamo lasciati io e il Firenze, azzoppati tutti e due, ma pronti per ripartire con le nuove realtà e possibilità che ci aspettavano …

Sdrammatizzando, ecco l’aneddoto divertente: il mercoledì sera l’allenamento consisteva in una partitella tra noi e la prima squadra. Inizialmente prendevamo delle batoste allucinanti, e non eravamo neanche così entusiaste di farle. Poi ci siamo compattate, Mister Cioni ci ha reso una Squadra (con la S maiuscola), esprimevamo un gran bel calcio. 
Morale della favola? Ci affrontavamo a viso aperto ed era un gran bel vedere … Apparte per Mister Fattori, la fine della partita la fischiava solo quando la Prima Squadra era in vantaggio, e alle volte quel mercoledì di allenamento durava veramente ore e ore …



Quella delle partite epiche  del mercoledi' sera è una storia che ho sentito spesso accennare, ma non era mai stata raccontata così bene!

Ancora Alice e Alia

Raccontateci della vostra carriera dopo il Firenze, del vostro passaggio alla Florentia, e di come è stata questa esperienza.

ALICE; Dopo il Firenze, l’anno in cui la Fiorentina entrò a tutti gli effetti, passai alla Florentia. Era una squadra da obiettivi importanti e una storia tutta da scrivere. Iniziammo la serie D promettendoci di essere in 4 anni in serie A: quindi vincere il campionato ogni anno. Così è stato, vincemmo ogni anno fino ad arrivare in massima serie. È stata un’esperienza ricca di insegnamenti, ricca di rapporti umani, ricca di vittorie e soddisfazioni. Abbiamo fatto la storia. Mi piace pensare che dopo aver raggiunto l’ultimo obiettivo prefissato (la serie A) il libro che stavamo scrivendo sia finito, ed io, insieme ad altre 15 mie compagne che abbiamo sposato questo progetto da subito, anche quando ci dicevano “non ce la farete mai” siamo state le protagoniste di un’avventura ardua da ripetere. 

Alice alla Florentia (fonte; pallaalcentro.org)


GINEVRA; Quando il Firenze diventò a tutti gli effetti Fiorentina, io e pianta stabile della “magica primavera” passammo alla Florentia, società nuova che nasceva proprio quell’anno, ma con un’ambizione alle stelle e degli obiettivi importanti … è stata una scommessa, ampiamente vinta!
La Florentia è stata per me magia pura, è stata un legame viscerale. 
Non ci siamo mai nascosti, i nostri piani erano chiari: il Presidente Becagli in cinque anni voleva arrivare dalla serie D alla serie A … Ma noi, quindici ragazze che hanno fin da subito creduto nella Florentia, anche quando tutti ci davano per spacciate dopo tre mesi, volevamo fare ancora di più, e così è stato: in quattro anni siamo arrivate in serie A, e in ogni serie abbiamo vinto tutto quello che c’era in palio da vincere, ogni coppa ce la portavamo a casa! Abbiamo scritto la storia, ed è proprio vero: quei quattro anni siamo stati la storia più bella del calcio femminile …
Poi si sa come vanno queste cose, l’ambizione è dura da frenare e cresce sempre di più, e gli equilibri inevitabilmente si spostano, e le cose cambiano …

Ginevra alla Florentia


Si, le cose cambiano velocemente, ma quello che avete fatto voi e le vostre compagne nei primi anni di vita della Florentia è storia del calcio femminile, e quella non cambierà mai. 

Alice e Ginevra nel giorno più bello del miracolo Florentia

Credo ora di porvi una domanda un po' difficile; quando avete preso strade diverse, come è stato separarsi? 

ALICE; La separazione è stata una batosta, ma è prevedibile come cosa. Alla fine non era una compagna qualsiasi, ma non perché era mia sorella. Era la persona che in campo riusciva a capirmi meglio di tutti: riusciva a placare la mia ira, riusciva a farmi capire se era il momento o meno di fare o dire una determinata cosa. In campo, forse come nella vita, era la mia parte razionale e immaginarmi di non trovarla più lì con me mi mandava fuori di testa perché non sapevo fino a che punto avrei potuto pacare il mio carattere. Mi è mancata in quel rettangolo, soprattutto i primi allenamenti sono stati faticosi, però poi mi sono resa conto che lei c’era comunque: ogni anno c’è sempre stata nel pre e nel post allenamento, con messaggi, chiamate, biglietti nel borsone. Probabilmente, come dice lei, mi è servito per limare il mio carattere istintivo, anche se questo non so ancora se sia veramente avvenuto.

GINEVRA; Separarsi da Alice è stata una delle prove più dure, eravamo consapevoli che prima o poi sarebbe potuto succedere, ma tra il dire e il fare …
Non ce lo siamo mai dette apertamente, ricordo che durante l’estate prima di riniziare i nostri cammini separatamente, la sera ci accompagnavano lunghi messaggi. Ma ci è servito anche questo, ci ha fatto crescere, e perché no, ci ha rese ancora più unite.
Ovviamente, averla con me era tutta un’altra cosa: mi voltavo ed era lì dietro di me, indipendentemente dalle sue doti, erano i suoi occhi complici che facevano la differenza
Così, dopo sedici anni i nostri sguardi, le nostre liti e le nostre scaramanzie hanno lasciato posto a messaggi, telefonate, bigliettini sul tavolo o direttamente nel borsone e a timide urla dagli spalti come per dire “sono qui” … 
Eravamo solo su rettangoli diversi, ma le nostre strade sono sempre state unite come noi, e ce lo stiamo sempre ripetute “Qualunque cosa accada, noi ci vediamo a casa”


Adesso non voglio mettermi a fare il sentimentale, ma credo che tra cento anni, quando sarete le anziane signore Alice e Ginevra, quei bigliettini ve li rammenterete ancora quando parlerete dei bei vecchi tempi, anzi forse sarà l'ultima cosa che ricorderete insieme.

Adesso il calcio è ancora parte attiva delle vostre vite? 


ALICE; Dopo l’ultima esperienza finita in modo un po’ rocambolesco avevo bisogno di novità, di stimoli, di qualcosa che mi facesse rimettere in gioco. Mi arrivò una proposta dal mondo del calcio a 5 dalla Futsal Florentia e la presi al volo, e ora milito nel Firenze Calcio a 5. Quindi si, il calcio fa ancora parte della mia vita, anche se ad ora a dimensioni ridotte in toto, ma chissà che le cose cambino ancora una volta. Mai dire mai.

Alice in allenamento col Firenze calcio a 5 (fonte; firenzeC5.it)


GINEVRA; Si … In realtà dopo l’esperienza alla Florentia ero molto combattuta se continuare o appendere le scarpette al chiodo: avevo avuto una visione del calcio che non mi piaceva più come prima, dovevo laurearmi, io volevo fare l’infermiera, giocavo a calcio perché mi piaceva, ma da grande non sarei mai stata una calciatrice … 
Poi arrivò il Montevarchi, e sono tanto in debito con loro: sono stati la mia rinascita! Mi hanno fatto ritrovare (e riprovare) la spensieratezza, la pura passione di giocare a calcio come quella dei bambini. Loro hanno creduto tanto in me, e io, quell’agosto di due anni fa non avrei potuto fare scelta migliore.

Aquila  Montevarchi Women, una realtà calcistica che mi piacerebbe scoprire.


Che poi non si sta certo parlando di due giocatrici ormai a fine carriera, ma di due ragazze ancora giovanissime...forse il meglio per voi, anche a livello di puro divertimento, deve ancora venire, perchè no?

Vi piace seguire il calcio da spettatrici? andate allo stadio? 


ALICE; Più che guardarlo mi piace giocarlo. Seguo poco le partite intere e vado poco allo stadio, sia perché comunque gioco in contemporanea spesso e sia perché quando non combaciano le partite comunque preferisco fare altro. Lavoro tutti i giorni, dedico al calcio praticamente ogni giorno del mio tempo post lavorativo, ma il fine settimana se non gioco ho altri programmi e progetti.

GINEVRA; Mi piace seguire il calcio, ma preferisco di gran lunga praticarlo! 
Allo stadio ci vado veramente raramente, lavorando il sabato e giocando la domenica incastrare le due cose è un’ardua impresa. Però sì, quando posso e ho modo in televisione lo seguo.


Avete seguito il mondiale? se si, chi vi ha impressionato di più delle nostre? 


ALICE; Ecco il mondiale si, l’ho seguito tutto: non mi sono persa una partita della nostra Nazionale. Chi mi ha impressionato di più è stata senza dubbio Valentina Cernoia.

GINEVRA; Certo che si, del mondiale non ci siamo perse una partita! 
È stato il sogno di tutte loro, ma anche di tutti noi. Più dell’invincibile e inarrestabile Guagni, più della superba Bartoli, più della grinta e della fame di Giacinti, più dell’assenza di Salvai, più della velocità di Bonansea, dell’eleganza di Girelli, delle prove sontuose di Cernoia e delle rasoiate di Galli, quello che veramente mi ha impressionata è stata l’unione dell’Italia. Compatte, unite e decise … è stato un sogno ad occhi aperti, ci hanno regalato una favola, tutte insieme!



Quale futuro vedete per il calcio femminile di domani? vi dispiace aver visto sparire tante squadre dalla gestione quasi amatoriale ma ormai storiche oppure è meglio avere club affiliati alle società maschili con le spalle ben più solide? 


ALICE; Aver visto sparire società storiche è stato un dispiacere ma purtroppo con tutte le affiliazioni che si sono mosse e si stanno muovendo tra calcio femminile e maschile avrebbero avuto vita breve. Sono d’accordo del fatto fosse una gestione quasi amatoriale, ma sono anche dell’idea che era una gestione sicuramente più umana e di cuore. Sicuramente il fatto che le società maschili stiano investendo nel femminile fa sì che questo movimento cresca, e qualcosa già si nota.

GINEVRA; Bella domanda! 
Il calcio femminile, soprattutto dopo e con il mondiale, ha avuto una grande crescita … Il futuro è senz’altro roseo, ci vorrà del tempo certo, ma tante cose (fortunatamente) sono cambiate, o meglio evolute. 
La crescita esponenziale ha portato con sé l’interessamento di grandi club maschili, a discapito di squadre storiche che inevitabilmente saranno e sono state costrette a sparire perché il divario era troppo. Certo, se parliamo di traguardi da raggiungere, come il professionismo(più che giusto e meritato), questa è senz’altro la scelta più giusta, società con spalle ben solide sicuramente faranno un grande lavoro e aiuteranno a raggiungere importanti traguardi. Inevitabilmente però, la scomparsa di squadre storiche è una grande sconfitta, e con loro scompare un po’ la storia del calcio femminile, con quel concetto di purezza, passione e lato umano che sarà sicuramente costretto a cambiare, segnando così la fine di un’epoca per lasciare posto ad altro, se migliore o peggiore lo vedremo tra un po’ di anni … 





Credo che abbiate sintetizzato al meglio (e chi meglio di chi c'era e lo ha vissuto?) la fine di un'idea di calcio e l'inizio di un'altra, con tutti i benefici e i rimpianti che ogni cosa nuova porta con se. 

Per finire, se una bambina vi dicesse che vuole fare la calciatrice, che consiglio le dareste? 

ALICE; Beh innanzitutto mi auguro che la bambina che inizi a giocare oggi sia la professionista di domani. Sono poche le ragazze di oggi che giocano a pallone e si possono permettere appunto di vivere come professioniste, ma in cuor mio mi auguro che in futuro possa essere così per tutte. Direi a quella bambina di seguire sempre i suoi sogni. Direi a quella bambina che spesso la prenderanno in giro, soprattutto i maschietti, ma poi la rivaluteranno. Direi a quella bambina di studiare anche perché se andrà male a scuola la mamma per prima cosa le toglierà il calcio. Direi a quella bambina di non vergognarsi a dire agli amici che non esce la sera post partita, perché gli amici capiranno sicuramente. Direi a quella bambina che le delusioni servono a fortificarsi, che spesso sono più importanti gli schiaffi presi dei sorrisi. Direi a quella bambina di vivere tutto al massimo e non arrendersi di fronte a niente. Direi a quella bambina di non pensare solo per sé, ma per la squadra, quindi di farlo sempre al plurale, perché è solo insieme che si raggiungono obiettivi importanti. Infine direi a quella bambina di decidere per la sua vita e non far decidere qualcun altro. 

GINEVRA; Se una bambina mi dicesse di fare la calciatrice le darei l’unico consiglio che potrei darle nella vita: essere felice. E se la sua felicità coincide con il giocare a calcio cosa c’è di sbagliato ? Certo, non facciamo gli ipocriti, non sarà sempre facile: a scuola alcuni amichetti potrebbero guardarla strana, ai giardini è probabile che sarà una delle poche femmine in un campino da calcio, per non parlare del fatto che sarà costretta a tapparsi le orecchie davanti a tante (fin troppe) frasi e luoghi comuni; ma non importerà tutto questo, i tempi cambieranno, le idee evolveranno, e se non lo faranno deve solo ricordarsi di essere forte, di credere in sé stessa ed aggrapparsi al suo sogno. Le direi che veramente ne vale la pena, che non c’è un modo giusto o sbagliato per essere felici, l’importante è esserlo, e se la sua felicità coincide con il giocare a calcio non posso che augurarle il triplo delle gioie e delle emozioni che io ho provato, e vi assicuro che sono infinite.

Alice e Ginevra vi salutano così.


Che dire? spero che tante piccole aspiranti calciatrici leggano queste vostre ultime righe.

Amiche e amici, tifosi e tifosi, si ferma qua la giostra della memoria di Alice e Ginevra Valgimigli che, oltre a essere una preziosa testimonianza degli ultimi anni di vita sportiva del Firenze e dell'inizio della realtà Florentia, è stato un viaggio commovente e suggestivo nella storia sportiva e umana di due amiche, due compagne di squadra e di viaggio sincere e leali tra di loro, con affinità e complicità che un solo rapporto di parentela, seppur tanto stretto, non riesce da solo a formare. Vi si chiamerà sempre "le gemelle" per semplificare, ma siete molto, molto di più, e grazie per aver fatto arrivare a noi vostri tifosi tutto questo.

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