martedì 7 luglio 2020

C'ERA UNA VOLTA ALIA.


Esattamente un anno fa, giorno più giorno meno, dopo l'eliminazione dell'Italia di Milena Bertolini contro l'Olanda mi sono recato al Bozzi in bicicletta, a vedere quella che giurai sarebbe diventata la mia seconda casa, un luogo del cuore. E pensavo a lei, ad Alia, perchè di questi tempi per me la Fiorentina era solo il capitano, poi vi avrei associato anche la Mauro, la Parisi, e altre che perlopiù sono andate o stanno per farlo.
Un anno dopo il Bozzi è sempre li, desolatamente vuoto e nessuno sa quando potremo rientrarci, ma anche quando potremo farlo Alia Guagni non ci sarà più, la sua stella già stamattina è volata lontano, fuori dai nostri confini, forse all'Atletico di Elena Linari. Si parla di tre anni di contratto, che legheranno il nostro ex capitano (che fatica scriverlo...) fino ai 36 anni, troppi per tornare alla viola a finire la carriera da protagonista, anche per una superdonna come lei che di anni biologici ne dimostra molti di meno.

Ricordiamola così, bellissima, con la sua Firenze sullo sfondo...(fonte; pagina facebook Alia Guagni)


E poi chissà che Fiorentina troverà quando torna.Una squadra, la nostra viola, già adesso rimaneggiata nel profondo, con Alice Tortelli e Greta Adami forse uniche superstiti della squadra dello scudetto (visto che si parla di Fusini in prestito, spero proprio di no...) che non sta cambiando solo giocatrici ma mentalità, puntando forte, per me troppo, sulle straniere, che nella storia recente della serie A, tranne pochi casi illustri come Ohrstrom, Clelland e Breitner (ma resteranno almeno loro?) sono arrivate e ripartite senza nemmeno finire di disfare la valigia, guardate ad esempio la triste fine del "grande colpo" De Vanna, una bomber attempata che non ha saputo, e forse voluto, affrontare il calcio italiano, andata via senza lasciare traccia. E come lei han fatto gran parte delle straniere arrivare in viola dal 2017  a oggi, come si può pretendere che restino volentieri in un campionato minore e che ha promesso il professionismo (promesso eh, attenzione) solo dal 2022/2023?
Per questo Alia ha fatto la scelta giusta,nel suo ruolo a 33 anni sei sul viale del tramonto se non sei lei, ed è andata a guadagnare bene, a farsi versare dei contributi, a vivere il professionismo che questo paese non le avrebbe dato mai. Perchè siccome c'è chi ha gioito del professionismo tra due stagioni, io invece non ho festeggiato un bel niente, due stagioni sono lunghissime da passare, fanno diventare vecchie calciatrici che ora sono "nella maturità" e che se ne fa una come Alia del professionismo, ad andare bene, a 35 anni?

Questo saluto  di Alia alla serie A è a tutti gli effetti una sconfitta del  calcio femminile Italiano, un altro certificato di morte del movimento. Siamo un campionato ridicolo che si crede già professionistico e non lo è, con figurette  di contorno che spesso fanno ridere i polli, che subissa le giocatrici di doveri e nega loro tanti diritti, siamo lontani anni luce da Spagna, Inghilterra, Germania e Francia, e se alcune nostre campionesse restano in Italia bisogna ringraziare la Juve, che perlomeno le blinda e offre loro ingaggi adeguati, l'unica società che si sta comportando già da professionista in tutto e per tutto, con buona pace dei detrattori.
Per cui io se fossi Alia avrei fatto esattamente la stessa scelta, sarei andato in un campionato altamente competitivo, proverei l'ebbrezza di ricevere un vero stipendio invece di un rimborso spese, mi giocherei la Champions in una favorita e non in una squadra che se va bene in Champions fa quattro partite e se va male due, che questo è il destino attuale delle italiane in europa, vada chi ci vada.

Però. C'è sempre un però, perchè Alia questo addio non l'ha proprio gestito al meglio,anzi non l'ha gestito affatto. Una capitana come lei aveva il dovere di di far capire qualcosa ai suoi fedelissimi e fedelissime (centinaia di persone solo qua a Firenze) di far trapelare, di preparare tutte le persone che l'hanno amata e la ameranno sempre a quella che a tutti gli effetti è una separazione dolorosa.

 Non è una De Vanna o una Paloma che, con tutto il rispetto, sono state in viola una stagione e hanno salutato lasciando pochi rimpianti aldilà del loro percorso, Alia era tutto, era il motore di una squadra, una delle poche capaci di far innamorare di una maglia lei da sola, un privilegio di pochissimi campioni e campionesse, ha avuto la fortuna di nascere, crescere e giocare sempre e solo con la maglia della sua città in quanto una squadra femminile viola ad alti livelli per lei c'è sempre stato (mentre una "Core de Roma" come Elisa Bartoli non ha avuto, ad esempio, la stessa fortuna) persone che andavano allo stadio solo per lei, per la Cap, per il simbolo, e ora si troveranno orfane di un punto di riferimento; Alia era l'ultima eroina, quella che faceva tornare ragazzini, quella che difendevi contro tutto e tutti, che se sbagliava un goal o un passaggio (molto raramente...) applaudivi col sorriso invece di guardare storto, colei che ci rendeva più bella la vita; ecco, invece di mettersi a piangere nel saluto con Joe Barone (lacrime che non mi hanno toccato affatto, devo essere sincero) lei che è molto attenta alla sfera social poteva prepararci alla cosa già nei giorni scorsi, spiegarci i suoi motivi, farci sapere in qualche modo che forse non sarebbe stata più con noi, in modo che l'ufficialità non fosse così un fulmine a ciel sereno, so di amiche e amici che ci sono stati male, che ci hanno pianto, e queste lacrime le trovo più che legittime, anche se io non sono stato tra essi, mi è scappata una lacrimuccia per Ilaria Leoni e Chiara Abati, due simboli che hanno smesso senza clamori, ma Alia va a stare meglio in tutti i sensi e quindi il dispiacere non si è trasformato in commozione, mentre invece lo scorso anno, col suo gran rifiuto al Real, mi sono emozionato davvero, ma per il sollievo, per quella sicurezza della nostra bandiera che non sarebbe mai andata via...mai dire mai, come si suol dire. Mi sono sentito un po' abbandonato da lei, e non sono stato il solo, e dopo gli elogi che questo blog le ha sempre riservato è giusto che esterni anche questo mio legittimo sentimento, non ri-sentimento, sentimento.

Io non sono uno che fa proclami tipo "Non la perdono" oppure "Non vengo più allo stadio" figuriamoci se mi permetterei mai di dire o fare qualcosa di simile, solo che nessuno è perfetto e Alia non ha fatto molto per non farmi sentire un poco deluso, non dalla sua scelta, ripeto, ma dal suo comportamento in questo frangente, e ogni cosa che potrà dire o fare in futuro non mitigherà certo questi giorni di attonito stupore.

Che noi tifosi a volte diamo fastidio, diciamocelo, senza di noi uno sportivo vivrebbe pure meglio, è noioso dover rendere conto a qualcuno, ma ci siamo. Che poi Firenze, figuriamoci, una delle culle del tifo mondiale, una torcida a cielo aperto alla quale non apparterrò mai perchè come dico sempre vi devi nascere o ne sei fuori, migliaia di persone da generazioni  che dall'infanzia fino all'ultimo respiro sono state fedeli a un colore e hanno lasciato discendenti altrettanto appassionati, che invece di guadagnarci qualcosa hanno speso in abbonamenti, trasferte, bandiere, striscioni, tolto tempo alle persone care in nome di una passione; forse sono loro, i tifosi e le tifose, le uniche e ultime bandiere ancora possibili, mentre tra gli artefici di quella passione, quelli che il rettangolo verde lo animano e lo vivono, nel femminile come nel maschile, ormai nessuno più sposerà una sola maglia per sempre. Nemmeno Alia Guagni.

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